Giovedì 25 Aprile 2024

A Natale siamo tutti Re Magi Ma è giusto indebitarsi per i regali e il cenone?

Il dono è una nostra estensione e sottrarsi al reciproco scambio condanna all’invisibilità. Anche per questo il 18% degli italiani ha chiesto un prestito tra i mille e i tremila euro

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di Viviana Ponchia

Travolti da questo compleanno collettivo che scalda il cuore e svuota le tasche, a Natale per piacere o per forza siamo tutti Re Magi. Eccoci al 23, con la lista spuntata a metà e l’ansia che cresce. Manca sempre la bottiglia di spumante per il commercialista, il dubbio agita la notte: meglio un pandoro? Oro, incenso, mirra. Così sarebbe semplice, soprattutto dopo avere scoperto che la mirra si trova in pezzettoni dall’erborista a 25 euro. O forse no, anche Baldassarre e compagni devono avere avuto qualche esitazione. L’incenso non a tutti piace. E l’oro costa. Poi arriva la vigilia e salta tutto, anche chi aveva deciso che quest’anno nemmeno carbone entra nel tunnel ed è pronto a rischiare finanziariamente la pelle per essere all’altezza della ricorrenza.

Un’indagine dell’Università Popolare degli Studi di Milano ha scoperto che tra i primi di novembre e metà dicembre il 18% degli italiani ha chiesto tra i mille e i tremila euro di prestito. Un po’ per saldare vecchi debiti, ma anche – sorpresa – per onorare il Black Friday, l’albero e la tavola dei cenoni. Una famiglia su quattro è a rischio povertà, molte altre non se la passano tanto bene. Eppure c’è chi è disposto a indebitarsi per non sfigurare nella grande corsa al pensierino.

Chi si indigna non ha capito di cosa stiamo parlando. Non è consumismo, qui siamo alle radici dell’antropologia. Molto oltre l’alito del Natale che spinge l’umanità alla generosità e alla condivisione. Per farla proprio facile: siamo ciò che regaliamo, dalla notte dei tempi il dono è una nostra estensione. E sottrarci al reciproco scambio, fosse anche la solita sciarpa, ci condanna all’invisibilità sociale.

Il comico americano Johnny Carson al Tonight Show ripeteva che il regalo peggiore è una torta di frutta. Che esiste solo una torta di frutta in tutto il mondo e le persone se la inviano a vicenda. Con il paradosso aveva centrato la questione: non conta cosa, ma lo scambio incessante che ci incolla gli uni agli altri. Un tizio scrive su Twitter: "Per me un regalo deve avere una presa elettrica o almeno le pile. Tutto il resto viene catalogato come maglione peruviano".

C’è anche chi non scende sotto il cachemire a doppio filo. Ma tutti, prima o poi, dobbiamo accontentarci della torta di frutta e rimpallarla. E’ il nostro bello, la nostra condanna. "Nulla è meno gratuito del dono" scriveva all’inizio del ‘900 l’antropologo Marcel Mauss, autore del saggio fin qui più famoso sull’argomento. Perché davvero rappresenta un prolungamento dell’individuo, ne racchiude l’anima. Anche una felpa con la renna, sì, o l’insopportabile candela ai frutti rossi.

C’è una forza pazzesca in ogni pacchetto che ci scambiamo dicendo incautamente: se non ti piace puoi sempre cambiarlo. Quella forza, spiega Mauss, nella cultura maori si chiama "Hau", essenza vitale, e fa sì che ogni oggetto prima o poi torni al legittimo proprietario. Altro che pensierino. Un concentrato di emozioni consce e inconsce regolato da leggi precise e uguali in tutto il mondo che implica la reciprocità e crea uno squilibrio positivo, istiga legami.

"Si dà per mostrare la propria potenza – scriveva Mauss – si è nell’obbligo di ricevere pena il disonore, si deve ricambiare almeno alla pari". E’ chiaro perché la gente a Natale perda la testa.