A 23 anni muore da solo in ospedale La madre: norme Covid senza pietà

La denuncia della donna. "Ci hanno vietato l’ingresso e Simone non ha potuto ricevere i nostri ultimi abbracci"

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di Lisa Ciardi

"Mi appello ai politici, alle istituzioni, a chi può cambiare le cose: modificate quella norma. Fate in modo che non accada mai più". È l’appello di Rosalia De Caro, 47 anni, mamma di Simone Benvenuti, il ragazzo fiorentino di 23 anni morto da solo all’ospedale fiorentino "San Giovanni di Dio". Costretto a rinunciare a un ultimo saluto, a un abbraccio, a una carezza, per una rigidissima applicazione delle norme anti-Covid. "Vorrei far capire quanto sia terribile perdere un figlio così – continua – e quanto sia ingiusto lasciare i familiari lontani dai loro cari. Parlare al telefono con i medici non è la stessa cosa. E pensiamo agli anziani, che magari non capiscono neppure bene quello che i dottori dicono. È una norma inumana, deve essere cancellata. Spero che nessun altro debba vivere quello che abbiamo passato". Un baratro di dolore in una famiglia che ha avuto lutti pesanti, con la perdita del padre di Simone, ucciso da un’auto quando i figli avevano solo 5 e 2 anni.

Stavolta però ci sarebbe stato almeno il tempo di un saluto. Per questo il nonno, Giovanni De Caro, e poi la madre Rosalia si sono rivolti alla trasmissione Agorà di Rai3. Per fare in modo che il loro incubo non diventi anche quello di altri. "A mio figlio è stata diagnosticata una piastrinopenia quando aveva tre anni – racconta la donna – ma l’abbiamo sempre gestita con una certa tranquillità. Anche al ricovero, il 13 gennaio, eravamo sereni. Non ci aspettavamo che finisse così".

Rosalia non riesce a raccontare oltre, a ripercorrere un’altra volta il calvario, ma la storia è purtroppo ormai nota. Dopo l’arrivo in ospedale scatta quello che pare solo un ricovero di routine. Il ragazzo viene portato in reparto e la madre torna a portagli le ciabatte. Già da questo momento non la fanno entrare, benché sia vaccinata e disposta a farsi un tampone, ma il ragazzo sembra stare bene e il diniego si può capire. Poi però qualcosa cambia. Va sempre peggio, eppure il no rimane.

"Simone mi ha mandato un messaggio dicendo che gli avevano messo l’ossigeno – ha raccontato la madre – non riusciva a parlare. Ho chiamato in reparto e mi hanno spiegato che era grave. Ho detto: ‘Allora fatemi venire’. Mi hanno risposto di no, che avrei potuto causare un focolaio Covid. Ho replicato che sarei stata anche in un angolo, ma nulla. Poi mi hanno telefonato alle 4 del mattino dicendomi di correre, ma Simone era già morto. Mio figlio non si sarebbe salvato, se il suo destino era morire, ma mi avrebbe avuto accanto a dirgli ‘Simone, amore, la mamma è qui’. Invece è morto da solo".

Ieri la Ausl Toscana Centro è intervenuta sul caso. "La circolare regionale – hanno scritto - prevede deroghe all’accesso dei parenti nei casi di stato terminale o marcato aggravamento, minori o persone con disabilità". Il ragazzo invece secondo la Ausl era stabile. "Alle ore 4.30, in maniera improvvisa e non prevedibile – scrivono - si è verificato un arresto cardio-respiratorio e sono state praticate le manovre rianimatorie; purtroppo l’esito è stato infausto. I sanitari sono ancora molto turbati per l’accaduto e trasmettono ai familiari il loro personale cordoglio". Per i familiari, la speranza è che un dolore così grande serva, almeno, a fare in modo che non ricapiti. E che la burocrazia possa fare un passo indietro a favore dell’umanità.