Lunedì 22 Aprile 2024

"A 21 anni era già un leader Quel giornale con lui e Mancino"

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di Nino Femiani

"Conobbi Ciriaco alla Cattolica a Milano, era il 1949. Il nostro Paese usciva da una guerra disastrosa, noi ragazzi – io avevo 18 anni, lui tre in più – pensavamo che occorresse avere una visione, immaginare un’Italia in cui la libertà si coniugasse con lo sviluppo. Già allora De Mita era un leader, aveva le idee chiare, sapeva su cosa battersi. Era brusco, non sorrideva quasi mai, ma dentro aveva un fuoco sacro".

Gerardo Bianco (nella foto), 90 anni, è uno dei "magnifici sette" che con De Mita diede l’assalto a Piazza del Gesù partendo dalla lontana Irpinia.

La morte di De Mita è una vicenda che la colpisce in maniera diretta.

"Eravamo qualcosa di più di un gruppo di amici e di conterranei. Con Ciriaco andavamo da Guido Dorso, nostro grande punto di riferimento, e studiavamo Maritain, il grande filosofo francese con il quale ci misuravamo sull’umanesimo cattolico. Furono anni felici".

Che cosa successe dopo la laurea?

"Avevamo già aderito alla corrente di Base, che a Milano aveva una roccaforte con Marcora e Granelli. Ci spostammo ad Avellino dove incrociammo altri amici come Biagio Agnes, Nacchettino Aurigemma, Aristide Savignano, Salverino De Vita e Nicola Mancino. E fondammo un giornale, ‘Cronache irpine, diretto da Agnes: i “ragionamenti“, come li chiamavano, riguardavano l’allargamento del perimetro democratico al Partito socialista per risolvere la crisi aperta dalla fine del centrismo degasperiano".

Che tipo era Ciriaco De Mita?

"Austero, talvolta conviviale sebbene di rado. Sentiva molto il valore dell’amicizia fino a ritenere che questo portasse a un vincolo di subordinazione nei suoi confronti".

Quale fu il motivo della rottura tra lei e De Mita?

"Nel 1979 ci fu la questione della sostituzione di Piccoli a capogruppo dei deputati. Ciriaco non sostenne il mio nome, io ritenni invece che la mia designazione fosse naturale in quanto ero il vice di Piccoli. Ci siamo riconciliati quando lui appoggiò la mia candidatura a segretario del Partito popolare e io, rispetto alla manovra di D’Alema, Veltroni e Prodi di escluderlo dalle candidature, mi opposi duramente".

Quando lo ha visto per l’ultima volta?

"Al funerale di un nostro amico, morto tragicamente. Non camminava già bene, volle appoggiarsi al mio braccio, e quasi pianse sulla mia spalla. Ciriaco era un duro, ma capace di grandi tenerezze. Un carattere attribuito da sempre a quelli di Nusco".