Roma, 8 maggio 2014 - Lo spostiamo in “un posto più sicuro e molto migliore, ma più vicino anche”. E’ questa una delle frasi pronunciate dell’ex ministro Claudio Scajola in una conversazione telefonica con Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena. La telefonata risale al 12 dicembre del 2013 alle ore 12.12. Nella conversazione, sostiene il giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria, emerge che “alcuni soggetti si stanno attivando per spostare Matacena da Dubai verso altro Stato”.

LE TELEFONATE - "Stiamo parlando della capitale, giusto? Che inizia con la L, no, che inizia con la B’’. A dirlo è Chiara Rizzo in un altro brano che secondo gli investigatori testimonia come Scajola si sia impegnato per fare in modo che Matacena potesse proseguire la sua latitanza in Libano, ed in particolare nella capitale Beirut. La moglie di Matacena, infatti, si corregge con le iniziali dopo che Scajola le dice ‘’Beh, il paese con...’’. Ma non c'è solo questo passaggio, scrive il gip nella sua ordinanza di custodia cautelare, a fare ‘’comprendere che la citta’ individuata da Scajola sia Beirut’’. In un’altra telefonata, infatti, l’ex ministro, sempre parlando con la Rizzo, le dice: ‘’ti ricordi di Beirut? Prova a concentrarti perche’ passa cosi’... questi miei amici, quando sono andato a Beirut, poi sono venuti su... amici miei, l’ex presidente, hai presente?’’. Nella stessa telefonata Scajola prosegue: "Ieri ho visto questo tizio e il discorso è venuto lì. Mi dice ‘noi siamo amici di la’’, poi ho capito perché, perché Beirut è una grande Montecarlo e Dubai è una grande Montecarlo, tanto per essere chiari. Io vado a Roma prima perché domenica questo qui viene su, suo zio. Viene su lo zio e mi dice ‘stiamo a cena insieme’ e devo trovare... va beh, basta, hai capito piu’ o meno... devo dirti delle cose e devo sapere delle cose, se tu lo desideri, in modo che io possa trasmettere giusto, punto!.

DUBAI - Il gip cita un’informativa della Dia secondo la quale ‘’la necessità di Matacena di trasferirsi dagli Emirati Arabi era generata dal timore che il 20 febbraio 2014 fosse emessa la sentenza nel procedimento pendente a Dubai, cui sarebbe potuta conseguire l’espulsione da quel Paese, con il rischio di essere tratto in arresto e trasferito in Italia per scontare la pena’’.