Roma, 15 novembre 2013 - E’ morto a Roma il colonnello dei carabinieri Raimondo d’Inzeo, uno dei massimi campioni del salto ad ostacoli dell'equitazione italiana, insieme al fratello Piero, colonnello di Cavalleria. Raimondo d’Inzeo aveva 88 anni e ha vinto nella sua lunga attività un oro ed un bronzo alle olimpiadi di Roma del 1960, 2 argenti a Melbourne nel 1956, un bronzo a Tokyo nel 1964 ed un altro, l’ultima medaglia olimpica, a Monaco di Baviera nel 1972. Insieme al fratello Piero incantava ogni anno il pubblico del concorso romano di Piazza di Siena per la sua eleganza oltre che per le sue capacità di cavallerizzo. 

Per commemorare la scomparsa di D’Inzeo, il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha deciso che sabato e domenica in tutte le manifestazioni sportive che si svolgono in Italia verrà osservato un minuto di raccoglimento. 

Il destino di D’Inzeo era già scritto, prima ancora che nascesse. Figlio di un ufficiale di cavalleria e maestro di equitazione, sarebbe diventato uno dei massimi campioni nella storia mondiale del salto ad ostacoli con Winkler, D’Oriola, Pessoa padre e figlio, per citarne i più famosi. In Italia, lo hanno avvicinato soltanto suo fratello Piero (per il quale vale ugualmente il discorso sul destino, ma che comunque non vinse mai un oro olimpico individuale) e Graziano Mancinelli.


Raimondo D’Inzeo non è stato soltanto un magnifico cavaliere, ma anche un abile scopritore e plasmatore di destrieri. Nei suoi anni migliori il professionismo ricco e sfrenato, quasi esclusivo, che sarebbe dilagato dopo il suo ritiro, era agli albori. Non esistevano cavalli supercampioni (i cosiddetti crack) ipercostosi, già pronti per vincere: bisognava crescerseli, lavorarli. E lui, in questo, era maestro oltre che figlio d’arte. Basta ricordare i suoi ‘capolavori’: Bellevue, l’olimpionico Merano e il suo ‘fratellastro’ Posillipo, Fiorello.

In gara, poi, Raimondo era perfetto nell’interpretarli, riuscendo ad ottenerne la piena, generosa collaborazione. Energico nel richiedere il massimo al cavallo che guidava fra le insidie degli ostacoli, non gli mancava mai di rispetto, ben sapendo che la vittoria poteva venire soltanto dall’equilibrio del connubio.


I più anziani fra gli appassionati del salto ad ostacoli ricordano con intatta ammirazione i suoi duelli con i più forti cavalieri degli anni cinquanta, sessanta e settanta, i suoi tanti successi, le sue poche sconfitte. Soprattutto la vittoria alle Olimpiadi di Roma 1960, che ottenne in sella a Merano, e a spese del fratello Piero, cui andò la medaglia d’argento. Era il beniamino di Piazza di Siena, dove guidò l’Italia a molte vittorie nella Coppa delle Nazioni, il più tradizionale degli appuntamenti dei CSIO di Roma.


Quando entrava in campo lui l’attesa del pubblico era altissima, sul suo impeto si contava per rimediare a situazioni compromesse da qualche errore degli altri azzurri, oppure per assestare agli avversari il percorso netto che ammazzava la gara. L’impeto, Raimondo D’Inzeo lo mise anche in una occasione per lui dolorosa, quando, come tenente colonnello dei carabinieri a cavallo, dovette caricare i manifestanti contro il governo Tambroni a Porta San Paolo in Roma. Le polemiche che ne seguirono non riuscirono comunque ad intaccare la fama che il cavaliere si era conquistato sui campi di tutti il mondo.