Taranto, 27 maggio 2013 - La Corte di Cassazione ha confermato gli arresti domiciliari per Emilio e Nicola Riva, patron dell’Ilva, e per l’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso. La prima sezione penale ha infatti respinto il ricorso presentato dalla difesa contro la decisione del riesame del 23 ottobre scorso, che aveva detto no alla liberazione.
 

E’ la seconda volta dall’inizio dell’anno che la Suprema Corte respinge le richieste dei proprietari dell’Ilva, agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta della procura di Taranto per disastro ambientale.
Già lo scorso 17 gennaio la prima sezione penale aveva confermato la custodia cautelare ai domiciliari per i due Riva e per Capogrosso. Nelle motivazioni pubblicate il 4 aprile la Corte aveva espresso la certezza che i Riva fossero ‘’consapevoli’’ del disastro ambientale. Nell’udienza a porte chiuse di stamani anche il sostituto procuratore generale della Cassazione Mario Fraticelli si era pronunciato contro la rimessione in libertà degli arrestati.

Intanto è ancora braccio di ferro tra la famiglia Riva e la magistratura sulla vicenda dello stabilimento Ilva di Taranto alla luce del sequestro di otto miliardi di euro disposto dalla procura lo scorso venerdì nei confronti della società controllante per una serie di reati ambientali. Il consiglio d’amministrazione di Riva Fire ha deciso di impugnare il provvedimento, sottolineando che “rischia di compromettere l’iter per l’approvazione del piano industriale 2013-2018 avviato da mesi” e che può portare a “possibili ripercussioni occupazioni per circa 20mila dipendenti”. A rischio, secondo la famiglia Riva, è “la continuità aziendale”.

Una decisione che arriva proprio mentre era in corso un vertice tra Governo, azienda ed enti locali al ministero dello Sviluppo economico. Riunione preliminare a quella che si terrà domani mattina a palazzo Chigi, alla presenza del presidente del Consiglio, Enrico Letta. Di sicuro, al momento, c’è l’impegno dell’esecutivo e degli enti locali “affinché l’attività dell’Ilva, nel quadro di una rigorosa attuazione dell’Aia, si svolga nel massimo rispetto dell’ambiente e della tutela della salute”, come riporta un comunicato diramato dal Mise al termine della riunione. La situazione a Taranto resta ancora problematica e anche oggi ha alimentato il dibattito politico ed economico sul futuro dello stabilimento alla luce delle dimissioni dell’intero consiglio d’amministrazione dell’azienda. Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha sottolineato che quella dell’Ilva è “una partita decisiva per il futuro del Paese, che se non si risolve ci vedrà uscire dal novero dei grandi Paesi industrializzati”.
 

“In ballo - ha aggiunto - ci sono 40mila posti, è un caso emblematico”. Critico il segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini, che addita “gravissime colpe” ai Riva: “Ritengo - ha detto - che la famiglia Riva abbia gravissime responsabilità rispetto a quanto è avvenuto all’Ilva di Taranto: se le leggi fossero state rispettate, se non si fosse prodotto l’inquinamento ambientale e se, poi, fossero stati effettuati gli investimenti per il necessario risanamento, non si sarebbe arrivati alla situazione drammatica in cui oggi ci troviamo”. Il governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola, ipotizza la soluzione del commissariamento: “Il segno del cambiamento reale - ha chiosato - é l’estromissione dei Riva”.