Forlì,  27 gennaio 2013 - VIGOR Bovolenta soffriva di una grave coronaropatia, che avrebbe dovuto essere diagnosticata dai medici che gli rilasciarono i certificati di idoneità sportiva agonistica. E’ la conclusione della procura sulla morte del pallavolista, avvenuta al palazzetto Fontescodella, a Macerata, il 24 marzo. Per questo sono indagati due medici, uno di Forlì e uno di Meldola, che lo visitarono e non si accorsero di nulla.

Bovolenta era andato in trasferta con la Softer Forlì, per disputare una partita di B2 contro la seconda squadra della Lube. All’improvviso, mentre stava per andare in battuta, si era sentito male e si era accasciato. Malgrado i soccorsi, non c’era stato nulla da fare: l’atleta di 37 anni ha chiuso gli occhi e non li ha più riaperti. La notizia della sua morte suscitò dolore e clamore. Per le modalità, per il fatto che era avvenuta di fronte agli atleti e al pubblico. Per la figura dello sportivo: Bovolenta è stato un campione della pallavolo. E per la persona che era, padre di quattro figli, con un quinto in arrivo dalla moglie Federica Lisi, anche lei ex pallavolista.


LA PROCURA aprì un’inchiesta, e chiamò quattro consulenti per l’autopsia: i professori dell’università di Macerata Mariano Cingolani, medico legale, e Rino Froldi, tossicologo, il cardiologo Gian Piero Perna e il professor Gaetano Thiene dell’università di Padova, specializzato in patologia cardiovascolare. Dall’autopsia è emerso che Bovolenta aveva un trombo piuttosto grande. La coronaropatia era grave, e strutturata nel tempo, per questo, secondo gli esperti, avrebbe dovuto essere diagnosticata con gli esami imposti dal Decreto ministeriale del 1982 per chi svolge attività sportiva agonistica, cioè con l’elettrocardiogramma e le prove da sforzo.


Sulla base di questa consulenza tecnica i sostituti procuratori di Macerata Enrico Rastrelli e Andrea De Feis hanno iscritto nel registro degli indagati i due medici sportivi che rilasciarono al pallavolista i certificati di idoneità sportiva agonistica: si tratta di un professionista di Forlì, che lo visitò nel gennaio 2011, e di un altro di Meldola. L’accusa per entrambi è di omicidio colposo. A loro è stato assegnato d’ufficio l’avvocato Benedetta Pugnali. Dopo aver ricevuto l’avviso di fine indagini, potranno difendersi chiedendo di essere sentiti, o depositando documenti e memorie per dare una propria versione dei fatti.
La procura ha esaminato anche la questione della mancanza di un defibrillatore al Palas; ma dato che non c’è un obbligo di legge su questo, non sono state ravvisate penali.

di Paola Pagnanelli