Roma, 20 novembre 2012 - Il disagio sociale in atto è “frutto di un diffuso malcontento, di una situazione generalizzata di degrado, di problemi sociali irrisolti, che diventano irrimediabilmente problemi di polizia” e le proteste di questi giorni “temo siano solo l’inizio. Quando nell’estate scorsa individuammo dei momenti di criticità nelle piazze, in genere collegati a vertenze irrisolte, pronosticammo che questo avrebbe provocato un escalation di tensioni sociali puntualmente verificatisi”. Parole di Antonio Manganelli, capo della Polizia, nell’intervista rilasciata a Giovanni Floris e in onda questa sera a Ballarò e nel corso della quale tocca anche l’argomento spinoso delle violenze da parte delle forze dell’ordine nel fronteggiare le manifestazioni, con Manganelli che si dice d’accordo con l’identificazione attraverso il simbolo sui caschi di servizio.

Le insidie - secondo il prefetto - vengono “anche dall’area antagonista, dall’area anarco-insurrezionalista in particolare, che rappresenta una sorta di terrorismo odierno. Noi non abbiamo più un terrorismo di area brigatista o di area marxista-leninista, abbiamo invece espressioni dell’anarchismo più spinto, quello che verte verso l’insurrezionalismo. E’ questo il problema”. E c’è più del timore che questi ambienti italiani si possano saldare con quelli stranieri, “non solo lo temo - dice infatti Manganelli - Abbiamo delle investigazioni condotte dall’Arma dei carabinieri, dalla polizia nel nostro Paese che dimostrano che le cellule di cospirazione di fuoco (un’organizzazione greca di anarchici), hanno proposto in alcuni Paesi tra cui la Spagna, l’Italia e alcuni del Sud America di formare una sorta di network e di scambiarsi linee programmatiche e favori operativi”.

Alla domanda su chi dovrebbe risolvere i problemi che in caso contrario finiscono con il generare il disagio sociale che diventa protesta e quindi su di essa si possono innestare gli estremismi, il capo della Polizia risponde “Non credo che questo possa essere definito in assoluto. Ogni problema ha uno o più soggetti chiamati ad affrontarlo, a risolverlo. Pensiamo ai rifiuti solidi urbani. Investire settecento uomini al giorno, come è stato fatto fino ad oggi, rappresenta un insolito intervento nelle forze di polizia in un tema che non è certamente di polizia... Quando chi deve affrontare il problema e trovarne la soluzione non lo trova, ecco che diventa tutto dissenso, tensione, fibrillazione, effervescenza di piazza. Ecco che i poliziotti sono chiamati ad affrontare un problema che non toccherebbe loro”.

Timori che si risvegli l’estrema destra? “In forma minore rispetto all’area antagonista cosiddetta di sinistra. Però siccome questi ambienti di estrema destra hanno cominciato progressivamente a toccare temi che erano tradizionalmente propri della sinistra, bisogna tenere gli occhi aperti...”. Quindi nell’intervista viene toccato l’argomento relativo alle immagini dei ragazzi malmenati a Roma dalla polizia hanno fatto molta impressione, quanto dunque si rischia che sia la polizia a perdere la testa? “Io mi auguro che la testa riesca a non perderla nessuno - risponde Manganelli - Noi abbiamo tutti gli strumenti di formazione per insegnare la mediazione, il dialogo, e che hanno portato in Italia alla costituzione di una scuola che io ritengo di straordinario valore per la tutela dell’ordine pubblico. Indubbiamente esiste il problema della tensione che porta talvolta anche a una certa effervescenza tra gli operatori delle forze di polizia. Nei momenti in cui rischiamo di perdere il controllo e l’equilibrio necessari, dobbiamo far riferimento ai bravi dirigenti e alla adeguata formazione per superare il rischio di tensioni particolari”.

E anche a “sanzionare gli interventi scorretti, a punire tutto ciò che alimenta la tensione in piazza, ciò che non è adeguato o che è fuori dalle regole. Credo però che dobbiamo essere anche pronti e disponibili a premiare. Dobbiamo anche saper sottolineare le gesta di sacrificio, di forza e determinazione indirizzate al miglioramento dei rapporti col cittadino, attraverso un percorso di mediazione, di dialogo. Credo che camminare su questo doppio binario - la punizione quando serve, il premio quando è opportuno - sia la cosa migliore da farsi”.

Quanto al simbolo identificativo sui caschi dei poliziotti, “è tra i temi oggetto non ancora di una trattativa ma certamente di un dibattito con chi rappresenta gli operatori di polizia, a partire dalle organizzazioni sindacali. Il discorso che fa l’operatore di polizia è: io mi faccio identificare perché tutto sommato lo ritengo giusto, ma ritengo che sia giusto anche identificare chi sta in piazza cioè chi costituisce l’altra metà del cielo”, aggiunge Manganelli. Sottolineando “credo che sia un dibattito destinato a risolversi” e dicendosi anche convinto che “si troverà un punto d’incontro che possa essere un segnale di predisposizione al dialogo, di saper affrontare in modo adeguato certi temi. Ritengo opportuno qualsiasi ulteriore intervento utile a distendere gli animi. E in questo quadro non escludo nulla, neanche l’identificazione. Credo che si possa percorrere questa strada”.