Roma, 27 marzo 2012 - Sull’elettrofisiologia cardiaca è una vera autorità. Direttore del Dipartimento di Malattie cardiovascolari al San Filippo Neri, Massimo Santini è il medico che nel 2004 rimise in piedi il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Toccò alla sua equipe, 12 anni fa, radiografare il muscolo cardiaco di Vigor Bovolenta e restituire al campione l’attestato di sana costituzione. Il giocatore era stato bloccato dopo una visita. Sull’elettrocardiogramma erano comparsi alcuni battiti fuori fase. «Sì, lo ricordo bene Bovolenta. Delle extrasistoli a un controllo di routine. Facemmo tutti i test, ma ne uscì sano come un pesce. L’esito fu negativo al cento per cento. Riprese subito a giocare».

Coma mai arrivò da lei?
«I protocolli medico sportivi sono molto severi: alla minima anomalia parte il check up. Fu sottoposto a tutte le verifiche strumentali, compreso l’holter, per vedere tipo e numero di aritmie, ma non vedemmo extrasistoli maligne».

Tutto qua...
«Magari. L’indagine fu assai aggressiva. Dopo l’analisi ventricolare facemmo uno studio elettrofisiologico intracavitario, con dei cateteri nel cuore, per vedere le pareti dall’interno. Poi si genera un’aritmia, un’extrasistole indotta: si capisce così se il cuore tende ad andare in aritmia maligna, cioè se il numero di battiti anomali supera una certa soglia. Un modo per conoscere la vulnerabilità del muscolo cardiaco. Ma anche lì l’esito fu negativo».

Quindi lo rimandaste a casa?
«Non subito, perché, a quanto ricordo, c’era anche un problema di blocco di branca destra, come se gli impulsi elettrici non circolassero liberamente nel lato destro, una cosa di per sé banale».

E cosa dissero le analisi?
«Tutte negative. Quelle aritmie erano state un fatto isolato».

Che cos’è successo allora?
«Mi sono fatto l’idea di una tachicardia improvvisa, poi degenerata. Col cuore che va a mille: pulsa, ma meccanicamente è inerte. La frequenza cardiaca, per una ragione che l’autopsia potrà chiarire, è improvvisamente salita a 200 battiti, poi 300-350, e l’apparato cardiaco è andato in blocco. Lì solo il defibrillatore ti può salvare».

E i controlli?
«C’è poco da controllare. Lo sportivo produce una grande quantità di catecolamine, sostanze tipo l’adrenalina, che fanno aumentare battiti e pressione. Quindi lo stress della competizione... Poi l’età, altro fattore di rischio... Più che prevenire, ci vorrebbe un defibrillatore in ogni stadio, in ogni palazzetto. In Italia abbiamo protocolli medico sportivi tra i più rigorosi al mondo, spendiamo tanti soldi per la prevenzione, poi ci manca il defribillatore. Un apparecchietto da mille euro avrebbe salvato la vita a Vigor Bovolenta».

di Stefano Grassi