Palermo, 19 luglio 2010 - Diverse migliaia di persone hanno partecipato alla commemorazione della strage che il 19 luglio 1992 uccise il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta in via D’Amelio, a Palermo. La manifestazione, promossa dal 'Popolo dell’agenda rossa', ha visto l’esibizione di alcuni artisti palermitani che hanno voluto rendere omaggio ciascuno con un proprio pensiero, alla memoria del giudice simbolo della lotta alla mafia. Il fratello del magistrato, Salvatore Borsellino, ha letto un accorato appello affinché "siano dissipate le tenebre intorno alle stragi del ‘92".

 

Alle 16.58, orario dell’attentato, i manifestanti hanno effettuato un minuto di silenzio. Alle 18 il corteo si è mosso da via D’Amelio per raggiungere l’Albero Falcone, altro simbolo della lotta alla mafia.

 

La manifestazione è stata caratterizzata anche dalle polemiche, prima fra tutte quella contro il presidente del Senato. "Si era diffusa la voce che Schifani stava venendo per partecipare al corteo - ha poi raccontato Salvatore Borsellino -. I giovani, a quel punto, avevano deciso di tornare indietro. Alla fine non è arrivato. Il questore in contatto col cerimoniale di Fini, ci ha chiesto se avremmo gradito la presenza di Fini in via D’Amelio: gli abbiamo risposto di sì, che la presenza del presidente della Camera per noi andava bene".

 

Il presidente della Camera, quindi, si è recato in via d’Amelio per deporre una corona di fiori, ma un gruppetto di appartenenti al comitato delle 'Agende rosse' ha urlato "vergogna". Fini si è avvicinato ai manifestanti per capire cosa dicessero e questi gli hanno chiesto se anche per lui Mangano fosse un eroe. "Mangano non è un eroe, è un cittadino italiano condannato per mafia con sentenza definitiva. Gli eroi sono quelli che si sacrificano per lo Stato", ha detto Fini, che è stato ringraziato dai manifestanti. 

 

In seguito lo stesso presidente della Camera ha spiegato che le contestazioni non erano rivolte a lui. "Mi sono fermato a parlare con dei ragazzi animati da forte passione e da un grande desiderio di verità che si dividevano come è normale tra coloro che apprezzavano la presenza del presidente della Camera, anche perchè credo di avere un percorso di coerenza contro la criminalità, e coloro che contestavano che all’interno dello Stato possano esserci delle presenze di tipo mafioso", ha detto Fini.

 

"Sulla strage di via D’Amelio - ha proseguito Fini - non è stato fatto tutto e lo dimostra il fatto che a Caltanissetta le indagini stanno mettendo in evidenza che non fu soltanto un attentato di mafia, ma la contiguità, la collusione e di segmenti certamente deviati e personaggi che agivano in quel momento nel nome dello Stato".

 

"Capisco - ha aggiunto - l’indignazione di questo momento ed è importante e doveroso fare tutto quello che ognuno di noi può fare per evitare che cada nuovamente la coltre del silenzio o peggio ancora che non si raggiunga la verità autentica". 

 

Fini ha poi preso parte alla fiaccolata organizzata da Giovane Italia e Forum XIX luglio per ricordare Paolo Borsellino e le altre vittime della strage di via D'Amelio. Al suo fianco il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il senatore del Pdl Carlo Vizzini, il parlamentare Fabio Granata e il figlio del magistrato, Manfredi, che ha acceso simbolicamente la prima fiaccola in testa al corteo. Presenti, tra gli altri, il presidente del senatori del Pdl Maurizio Gasparri, il ministro alla Gioventù Giorgia Meloni. 

 

Il presidente della Camera ha anche incontrato Salvatore Borsellino durante la fiaccolata. "Grazie per essere venuto - gli ha detto il fratello del giudice ucciso stringedogli la mano - non posso essere con voi ma su queste cose siamo dalla stessa parte". 

 

 

NAPOLITANO - Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha auspicato che vi sia "il convinto e forte sostegno alle nuove indagini in corso sulla terribile stagione delle stragi che sconvolse il Paese nei primi anni novanta". In un messaggio alla vedova di Paolo Borsellino, Agnese, Napolitano ha spiegato che "con armonia d’intenti e pieno spirito di collaborazione, le istituzioni tutte debbono contribuire a fare piena luce su quegli episodi". In questo modo, ha aggiunto, si risponderebbe "all’anelito di verità e giustizia che viene innanzitutto da chi, come lei e i suoi famigliari, è stato colpito negli affetti più cari, ma nello stesso tempo e più che mai dall’intero Paese".

 

"I risultati conseguiti grazie all’impegno di magistrati e forze dell’ordine - ha detto il Capo dello  Stato - vanno integrati da uno sforzo costante e coerente della società civile nell’opporsi ad atteggiamenti di collusione e indifferenza rispetto al fenomeno mafioso". E aggiunge: "Altrettanto indispensabile è il convinto e forte sostegno alle nuove indagini in corso sulla terribile stagione delle stragi che sconvolse il Paese nei primi anni novanta".

 

SCHIFANI - "A Paolo Borsellino - dice il presidente del Senato - dobbiamo tanto: il suo contributo alla lotta alla mafia ha segnato un punto di svolta fondamentale nell’azione di difesa della democrazia da parte dello Stato. La sua dedizione, la sua passione civile, la sua ostinata coerenza hanno segnato profondamente le nostre coscienze, rafforzando in chi crede nello Stato - prosegue il Presidente del Senato - la ferma volontà di proseguire nel cammino di legalità da lui tracciato. Il ricordo va anche ai cinque agenti Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina e alle loro giovani vite spezzate da quella violenza efferata. Con animo ancora profondamente scosso, vorrei ribadire che il modo migliore per onorare la memoria di Paolo Borsellino e di quanti hanno sacrificato la loro vita per la difesa dello Stato, della democrazia e della giustizia è per tutti noi - conclude il Presidente Schifani - seguire ogni giorno il loro esempio e onorare il loro insegnamento nello svolgimento dei compiti cui siamo chiamati”.
 

 

BERLUSCONI - Il presidente del Consiglio in occasione della ricorrenza della strage di Via D’Amelio, ha inviato un messaggio al prefetto di Palermo per ricordare la figura di Paolo Borsellino. Ne ha dato notizia l’ufficio stampa di palazzo Chigi. "L’anniversario della strage di Via D’Amelio, ove si è compiuto il sacrificio del giudice Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta, Catalano, Cascina, Traina, Li Muli e Loi, è occasione per rendere commosso omaggio alla loro memoria", ha spiegato il premier.

 

"Il giudice Borsellino è stato un esempio di dedizione allo Stato e di lotta all’illegalità e la sua storia è patrimonio prezioso di civiltà e di democrazia", ha sottolineato. "La prego di rivolgere ai familiari, i sensi di viva partecipazione mia e del governo al solenne ricordo dei Caduti", ha aggiunto Berlusconi.
 

 

GRASSO - "La verità sulla strage di via D’Amelio è ingombrante solo per chi la teme, per chi ha paura delle conseguenze di certe indagini. Certo non per chi la cerca". Così il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. Commentando le dichiarazioni di alcuni magistrati che avevano rivolto un appello a chi sa la verità sulla strage e ha taciuto finora, Grasso ha detto: "Non è un problema di appelli. Combattiamo da sempre con l’omertà e, oramai, non è più soltanto un problema siciliano o meridionale. Noi - ha concluso - andiamo avanti grazie alle intercettazioni e anche grazie ai collaboratori di giustizia".

 

"Io ricordo ogni giorno Paolo Borsellino e le altre vittime della mafia, come Giovanni Falcone. Oggi sono qui perché e’ un’occasione particolare, ma non c’è giorno che io non pensi a loro", ha poi assicurato Grasso.

 

PISANU - "Ci sono stati troppi silenzi e in altri casi, parole pronunciate per confondere e non per chiarire". È la denuncia del presidente della Commissione nazionale antimafia Beppe Pisanu, a Palermo per la commemorazione, ma anche per presiedere la commissione che si riunirà in prefettura. "Stiamo facendo quello che è nelle nostre possibilità senza interferire nel lavoro dei magistrati - ha aggiunto - le indagini devono proseguire nei giusti binari".

 

MANCINO - Il ricordo del giudice Paolo Borsellino "è ancora vivo nell’animo nostro e di quanti hanno a cuore le sorti di un Paese che, nonostante gli innegabili successi ottenuti dalla Magistratura e dalla forze di polizia, è ancora alle prese con fenomeni diffusi di malavita organizzata". Lo scrive il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, Nicola Mancino, in una lettera indirizzata al consigliere Michele Saponara, che rappresenterà il Csm alla Messa al ministero della Giustizia in memoria del magistrato.

 

Mancino si rammarica di non poter partecipare alla funzione religiosa in quanto impegnato nelle stesse ore a presiedere una importante riunione del Comitato di Presidenza del Csm, e si unisce al ricordo di quanti saranno presenti a via Arenula ricordando l’attualità dell’impegno di magistrati come Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e gli altri che hanno sacrificato la vita per tutela della legalità e la lotta alla criminalità organizzata. "L’abbattimento delle statue di Falcone e Borsellino, due simboli della lotta contro la mafia - scrive Mancino a Saponara - suscita in tutti noi sentimenti di indignazione e di rivolta civile e ci induce ad unirci con maggiore consapevolezza a difesa delle Istituzioni democratiche".

 

ALFANO NON CI SARA' -  Il ministro della Giustizia Angelino Alfano non ha partecipato alle manifestazioni pubbliche per l’anniversario della strage in cui fu ucciso il giudice Paolo Borsellino, ma ha fatto celebrare, a Roma, da monsignor Fisichella, nella sala Livatino del ministero, una messa privata.

 

In una nota il Guardasigilli ha sottolineato che "nel corso del 2010 diventeranno maggiorenni i ragazzi nati nel 1992, annus horribilis per la storia d’Italia. Un anno segnato anche dal sangue di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta, di cui oggi ricorre il triste anniversario". "E proprio a questi ragazzi, a questa nuova generazione - premette Alfano - va il mio pensiero, al loro diritto di coltivare la memoria per non rivivere la Storia, al loro diritto di conoscere la verità, un diritto condiviso da tutti noi, al loro diritto di ricordare il loro anno di nascita come l’anno dell’inizio della riscossa contro tutte le mafie e non con il segno di una sconfitta".

 

"Per l’accertamento della verità - ha ricordato il Guardasigilli - occorre battersi, per l’accertamento della verità occorre impegnare gli uomini e le risorse migliori del Paese, per l’accertamento della verità non è mai mancato ne mai mancherà il mio impegno istituzionale e personale e quello dell’intero governo, anche a sostegno degli organi inquirenti tuttora impegnati in indagini complesse. Indagini del tutto simili a quelle che, nella sua lunga e prestigiosa carriera ha condotto Paolo Borsellino, con inarrivabile fermezza ma anche con riserbo, equilibrio, con spirito critico, senza proclami, senza mai schierarsi, da magistrato autenticamente autonomo ed indipendente e da uomo dello Stato, lontano da ribalte mediatiche".

 

"Ed anche per queste caratteristiche - conclude il ministro - che tratteggiano un modello di magistrato degno di essere indicato ai giovani come esempio da imitare, che la figura di Paolo Borsellino mi è particolarmente cara".

 

IL PM INGROIA - "La verità di quella stagione difficile è un’eredità pesante, ingombrante. Una parte rimane sepolta perché c’è chi ancora, certamente anche nelle istituzioni non la vuole scoprire". Il procuratore aggiunto Antonio Ingroia non ci gira intorno. A chi gli chiedeva se l’equilibrio politico e istituzionale del Paese sia fondato sulle stragi del 1992, Ingroia ha detto: "Lo dico da anni, evidentemente comincia a essere una convinzione più ampia e diffusa. Sono convinto che noi come cittadini della Repubblica siamo figli di quella stagione, di quella trattativa inconfessabile tra pezzi dello Stato e gli assassini di Falcone e Borsellino".

 

Ingroia, infine, si è detto in accordo con le dichiarazioni di Granata secondo il quale ci sono pezzi delle istituzioni che ostacolano le indagini: "Le dichiarazioni di Granata e di Pisanu di mostrano che c’è una parte delle istituzioni consapevole e che questa verità la vuole".

 

LA STRAGE 18 ANNI FA - Alle 16.58 del 19 luglio 1992 un’auto imbottita con cento chili tritolo, posteggiata in via D’Amelio, fece tremare ancora una volta Palermo, dopo appena 57 giorni dalla strage di Capaci. Una vera e propria carneficina che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e ai suoi cinque agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.