{{IMG_SX}}Renato Farina per  'Libero', da dagospia.com


Vittorio Cecchi Gori è sdraiato, come morto, dietro le sbarre della cella numero 12 nella sezione numero 7 di Regina Coeli. Sul tavolino della cella ci sono biscotti sbocconcellati, scatole di cracker, un tubetto aperto di dentifricio Pasta del Capitano. È morto ma veglia. C'è chiasso di ferro e voci rintronanti nel corridoio, come in tutte le carceri. Sente però qualcuno che dice piano il suo nome, apre gli occhi e sono vispi, azzurro-verdi. "Direttore", dice balzando su. "Anzi onorevole. Conoscevo tutti i deputati e i senatori, sono stato uno di loro: non è venuto nessuno in questi dieci giorni, ma che gli ho fatto? Non ho niente contro di loro, non è la politica a volermi morto. Sono altri, altri...".

Sorride e insieme allaga le sue grandi pupille di lacrime. Ha una Lacoste azzurra, sulla manica lunga giace una macchia rossa di sugo o di vino: la cosa più feroce è il povero coccodrillo sciupato della maglietta. Si avvicina alle sbarre color ruggine. "È una follia, è tutta una follia. Quello che mi capita è degno del Paraguay". Ora abbassa la voce per non farsi sentire da nessuno, nemmeno dal direttore della prigione impassibile e baffuto. Mette nelle mie le sue mani, curate, da bambino o da donna, con le unghie lunghe ma pulite. Mi parlerà un'ora. Io dirò le solite parole di queste circostanze: coraggio, finirà presto, tanti le vogliono bene, le devo salutare qualcuno, mi ha parlato bene di lei tizio e caio.

Mi scopro a dargli qualche volta del tu. Si dà sempre del tu a chi ha perso l'invisibile corazza della libertà, così misconosciuta quando c'è. Dice: "Non so perché mi trovo qui. Non lo so nemmeno dopo che ho parlato con il giudice. Ho cercato di pagare i debiti, non ingannavo nessuno". Come sta? È vero che ha domandato l'eutanasia?"«No, non ho mai avuto istinti suicidi. Ma qui può accadermi qualcosa. La stessa parte nera dell'Italia, quella mafiosa e criminale che mi ha portato qui, vuole la mia morte, farmi sparire, annullarmi. Ucc... Quella è gente cattiva, non dico di più. Per questo sono stato io a chiedere di essere sorvegliato a vista... ".

Lancia un'occhiata dietro le mie spalle, dove c'è la guardia penitenziaria , seduta a un tavolino da Libro cuore più piccolo di un banco delle elementari, e dietro spunta un ragazzotto dalla testa rasata e dalla camicia celeste.


GUARDATO A VISTA Gli dico: qualcuno la vuole ammazzare, teme questo? Qualcosa come il caffè nero al cianuro preparato per Sindona? "Questo... Qui la direzione e le guardie carcerarie mi vogliono bene, nulla da dire, sono assistito e guardato. Ma sa... Io non voglio morire, ma temo di ritrovarmi morto per lo spavento, per la tensione, che subentri la depressione e ceda qualcosa in me. L'angoscia e l'ansia mi assaltano di notte, ma poi passano. E il mattino arrivano le mazzate, come in Paraguay. Lo sa che da quando sono arrivato qui, martedì 3 giugno, mi sono arrivate diverse richieste di trasferimento in carcere per altri reati. Tutto si abbatte su chi è già messo in ginocchio. Stavo da due giorni in cella, e arriva una richiesta da Catania. Mi accusano di aver comprato dei voti che neanche mi sono serviti per rieleggermi nel 2001.

Dicono che i quattro milioni che avrei dato a un prete di parrocchia erano per uno scambio sporco di consensi. Un pentito ha alzato la cifra, mi tira dentro storie assurde. Io sono colpito da questa Italia della malavita e della mafia. Non dalla politica, né di destra né di sinistra: non ci sono complotti ma ragioni di bottega, di soldi che mi dovevano e mi hanno rubato, migliaia di miliardi. Non c'è una parte politica che mi odi o mi perseguiti.

Del resto ho avuto guai in qualunque stagione politica: fosse ulivista o berlusconiana. Ci capisco pure di politica. Sono stato io a prefigurare l'alleanza tra Lega e i siciliani autonomisti di Lombardo anni fa. Per senso di responsabilità nel 1994, quando ero senatore dei Popolari, feci mancare il mio voto contrario che avrebbe fatto cadere Berlusconi. A lui ho chiesto per lettera, quattro mesi fa, di candidarmi senatore, ma Silvio non mi ha risposto. Capisco i motivi, venivo da sinistra, lui però male non me ne ha fatto mai. Fini poi mi vuol bene. Lui era appena diventato papà e gli ho chiesto se potevo sperare anch'io di averne un altro. Lui mi rispose: 'Si rinasce, e porta pure bene'".

 



NESSUN RANCORE Porta rancori? "Ai politici no, e perché mai. Nessuno è venuto a trovarmi, a differenza di quando capitò ad altri, è vero. Ma questa è una lezione di vita. Il nemico non sono loro e neanche la magistratura, ma questa Italia oscura che mi ha spogliato, mi ha tolto la Fiorentina e la mia televisione. Mi devono dei soldi, chi li ha visti? Parlo di un certo giro di Telecom... Avevo ragione o no quando denunciavo il lato tenebroso di Telecom? Lo dissi proprio a lei, cinque anni fa. E lo scrisse. Poi sono saltati fuori quei guasti, quei dossier...

Le intercettazioni sono state inventate dalla parte verminosa di Telecom, non dalla magistratura. Insistono ad annichilirmi, non gli basta quanto mi hanno inflitto. Quando mi hanno arrestato con questa accusa fasulla di bancarotta, stavo per andare al concordato. Volevano da me però che rinunciassi alle mie cause di rimborso per la Fiorentina e la televisione che m'hanno rubato. Io mai. Piuttosto crepo qui, io alla mia dignità non ci rinuncio. So che se mi tirerebbero fuori, se accettassi compromessi umilianti. Ma non lo faccio. È per questa mia natura un po' ingenua ma fatta di principi che sono qui. A me basta che mi fanno fare dei film, che male gli fo? Ma per favore aiutatemi a uscire, non ce la faccio, muoio qui dentro innocente. È interesse generale che io esca. Perché l'interesse generale coin.

IL FIGLIO E L'ARRESTO Com'è stato il momento dell'arresto? È stato violento? Ha visto qualcuno nel frattempo? domando. Cecchi Gori si ricorda qualcosa, ha un lampo felice e si arrossa: "Mi saluti Feltri, mi vuol bene Feltri vero?". Poi la faccia torna color arancione, come le inferriate, i capelli ocra come i mobili di materiale ignifugo, o viceversa. Doveva essere abbronzato due settimane fa. "Quando sono venuti, alle tre di pomeriggio, in ufficio, ho chiesto di vedere mio figlio Mario, prima che mi portassero via. Ha 16 anni, certe cose restano impresse per sempre: un padre trascinato in galera... Me lo hanno concesso e sono grato ai finanzieri. L'ho chiamato e gli ho detto: 'Mario (si chiama Mario come mio padre), ora mi mettono in prigione. Ma sappi che il tuo babbo non ha fatto nulla di male, nulla di cui vergognarti, conserverò sempre la mia dignità di uomo'.

Sto cercando di avere il permesso di chiamarlo al telefono. Sentirmi rivivere in lui. Ma non ci riesco, la burocrazia è complicata: una volta mi hanno fatto chiamare un numero sbagliato. Non ho nessuno, sono solo. Capisco come ho sbagliato a non mettere su una famiglia buona e stabile". L'unico nome di donna che fa è: la Marini. "Mi ha difeso, sempre. Pensi che hanno ritirato fuori la storia di una sua denuncia contro di me, roba di anni fa. Mi stanno trattando come Al Capone. Ma la Marini è brava". Non dice mai Valeria, ma "la Marini". Tranne in un caso. "La persona più vicina è il mio cane, ho in mente il mio cane. Sono preoccupato per lui. Prende solo cibo da me. Dev'essere in un angolo del mio appartamento a Palazzo Borghese. Ho chiesto che andasse Valeria a dargli da mangiare, da lei lo accetta, per cinque anni ha convissuto con noi. È un Jack Russell terrier, si chiama Amore".


UN UOMO IN PANTOFOLE Cecchi Gori ha pantofole aperte Nike, un paio di calzoni blu da tuta, e c'è un libro aperto sul letto. Si chiama 'Segreti', e raccoglie una serie di consigli asiatici e mistici per sopportare le pene. "Vede: io non ho più i miei genitori, fratelli o sorelle, e i miei figli sono lontani. Amici? Credevo di averli... E ora se non mi ammazzano, muoio io. Non voglio l'eutanasia, non c'è bisogno; io mi muoio". Contorce la corona del rosario e se la preme per lasciare un segno sulla gola, «me lo ha mandato il cappellano, prima avevo al collo una catena d'oro che mi aveva regalato la Marini», e le sue mani sono diafane, da principe. In quel momento è disperato, poi si rianima.

Il cinema. "Ho pensato di fare un film, qui dentro. Non la solita trama triste del detenuto in attesa di giudizio, ma una commedia all'italiana. Dovrebbe dirigerlo Virzì. Cinque o sei storie che si intrecciano: due o tre detenuti, la guardia, il direttore, il cappellano, l'avvocato, il magistrato. Fare un film per me è come innamorarsi, cambiano i colori delle cose. Io, sa, sui film sono bravo. Fatemi uscire, farò solo film. Invece sono dimenticato da tutto il mio mondo".

Lo rimprovero: molti registi hanno parlato bene di lei. Zeffirelli ad esempio. Lui: "È morto Dino Risi. C'è stato uno, uno, che abbia ricordato che il suo produttore era Cecchi Gori? Eppure mi conoscono in tutto il mondo, il mio nome è un patrimonio di questo Paese, alla Casa Bianca sono stato ospite a cena, ho vinto tre Oscar. E ora sono seppellito, perché poi? Ho 66 anni, trascinato qui, non hanno voluto nemmeno concedermi i domiciliari che alla mia età si danno a tutti, e per un reato non commesso e che non esige l'arresto. Ero pronto a pagare ogni debito, tutto pur di preservare una piccola cellula di società cinematografica sana per lasciarla a mio figlio. Lui ricomincerà, e ce la faremo".

La Madonnina della prima rotonda (il carcere è dedicato a Regina Coeli) è inquadrata come una detenuta da luci tipo Las Vegas deve pensare quello che penso io: processate Cecchi Gori, ma tiratelo fuori di qui. Fuori non troverà amici, ma almeno un cane di nome Amore, come nei film.