{{IMG_SX}}Viterbo, 11 giugno - Nessuno dei ginecologi presenti all'ospedale dove si era recata per partorire, le avrebbe suggerito di ricorrere al parto cesareo dopo che le si erano rotte le acque. Così Simona Nagit, colf 31enne di origine romena, ricoverata al reparto di ginecologia dell'ospedale di Viterbo, ha dovuto affrontare un travaglio lungo 46 ore, dando alla luce una bambina con gravi danni cerebrali.

La piccola, che avrebbe già subito diversi ictus, è ricoverata da circa una settimana in terapia intensiva. A denunciarlo è il Cosnil, federazione nazionale delle colf e delle badanti.


"Non si può tenere una donna in travaglio per 46 ore", è la denuncia del segretario regionale del Cosnil Lazio, Filippo Ortenzi, che annuncia che del caso ora si sta occupando il marito della donna, Yurie Dinovii, lavoratore agricolo moldavo da diversi anni in Italia.
"Su invito della Federazione nazionale colf e badanti - spiega Ortensi - Yurie e sua moglie si sono rivolti a un avvocato, Elisa Fornaro". Una lettera sarebbe già stata inoltrata all'ospedale dal legale dei coniugi per richiedere le cartelle cliniche della donna.


Era il primo parto per Simona Nagit, che ricostruisce la dinamica di quello che è accaduto quando le si sono rotte le acque: "Ero a casa quando mi si sono rotte le acque - dichiara la donna - È successo martedì della scorsa settimana, a mezzanotte e mezza. All'una e un quarto ero già in ospedale. Ma ho partorito soltanto venerdì sera alle 22.19".