{{IMG_SX}}Roma, 30 aprile 2008 - Il Movimento per la vita offre Progetto Gemma alla donna che si è rivolta a Napoletano per essere aiutata.

 

"Il disperato appello di Sandra al presidente Napolitano (a cui Repubblica questa mattina dà ampio risalto) riduce la questione dell'interruzione di gravidanza alle sue estreme conseguenze - si legge nella nota. - La legge 194, di cui ci apprestiamo a ricordare i trent'anni dall'approvazione, ha legalizzato l'aborto ma, tradendo il suo stesso titolo, non ha fatto nulla per garantire alla donna il diritto di non abortire.

 

E' scandaloso che la società non tenti di rimuovere insieme alla donna (sia pure senza pretese impositive o repressive) le cause che inducono all'aborto. Ed è ancora più scandaloso che un Paese che ha velleità di essere tra i più ricchi del mondo consenta che una donna sia costretta ad abortire per ragioni economiche, che si trovino soldi per sostenere la vendita di frigoriferi o lavatrici e non per tutelare la maternità.

 

Il Movimento per la vita con i suoi 300 Centri di aiuto alla vita sparsi in tutta Italia incontra ogni anno cinquantamila donne in difficoltà, a tutte offre aiuto e solidarietà e mai nessuna è venuta a protestare per uno dei centomila bambini che in trent'anni sono stati aiutati a nascere. Dal 1994 è nato Progetto Gemma, un servizio di adozione prenatale a distanza di madri in difficoltà economiche, tentate di non accogliere il proprio bambino.

 


Questo servizio, grazie alla solidarietà di decine di migliaia di donatori, è stata finora assicurato a 14.000 bambini e alle loro madri un sostegno mensile per un anno e mezzo. Non è la soluzione dei problemi, ovviamente. E' un segno di solidarietà e di vicinanza che si sostituisce a quello che lo Stato dovrebbe fare e non fa. Un segno che mettiamo a disposizione anche di Sandra, alla quale basterà una telefonata al nostro numero verde di SosVita (800.813000)".

 

LA LETTERA-APPELLO A NAPOLITANO: NON HO SOLDI, ABORTIRO'

 

Una lettera-appello al Quirinale per deunciare un dramma, il "necrologio di un bambino che è ancora nella mia pancia", la scelta di abortire perchè precaria e senza mezzi per crescere un figlio. L'ha scritta una donna di 29 anni, inviandola al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al quotidiano La Repubblica, che riporta la storia.


La ragazza vive con il marito in un centro dell'area vesuviana, come il marito è precaria, ha fatto "infiniti lavoretti che definire umilianti e sottopagati è dire poco", oggi in due guadagnano 1.300 euro al mese: "Presidente - scrive - devo scegliere se essere egoista e portare a termine la mia gravidanza sapendo di non poter garantire al mio piccolo neppure la mera sopravvivenza, oppure andare su quel lettino d'ospedale e lasciare che qualcuno risucchi il mio cuore spezzato dal mio utero sanguinante, dicendo addio a questo figlio che se ne andrà per sempre".

Con duemila euro al mese, continua, "sicuramente mi terrei il bambino. La mia oggi è una scelta iper obbligata, mio marito è più deciso di me. In Italia si parla tanto di 'baby bonus' ma poi non succede niente, lo credo che siamo alla crescita zero.

"La mia lettera è soprattutto uno sfogo, un gesto di disperazione e di impotenza, a Napolitano scrivo che qui non c'è nessuno che ti tende una mano quando hai veramente bisogno. La cosa che mi fa più rabbia - continua la ragazza - è la mancanza di prospettive, noi di questa generazione occupiamo ruoli sociali molto inferiori rispetto ai nostri genitori".