{{IMG_SX}}Palermo, 29 febbraio 2008 - Prima la firma in commissariato di buon mattino per evitare cronisti e telecamere, poi un giro in paese insieme ai familiari per salutare parenti e amici che non vedeva da sei anni, da quando cioè era finito in carcere per associazione mafiosa.

 

È trascorsa così la prima mattina a Corleone (Palermo) di Giuseppe Salvatore Riina, per tutti Salvuccio. L'ordinanza della Cassazione, che ieri lo ha scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare, prevede alcune misure di prevenzione: l'obbligo di dimora nella cittadina del palermitano, e quello di firma in commissariato ogni lunedì, mercoledì e venerdì. Il terzogenito del boss non potrà frequentare soggetti pregiudicati, dovrà rientrare a casa entro le 20 e non potrà uscire prima delle sette di mattina.

 

In paese, a Corleone, c'è incredulità per per una decisione che il sindaco Antonino Iannazzo non esita a definire «scoraggiante». «Che le devo dire - ammette con rammarico - saremmo stati ben felice se fosse andato a vivere da un'altra parte. La gente è stupita per la scarcerazione prima e l'obbligo di dimora a Corleone poi. Da comune cittadino non riesco a capire come si possa rimetterlo in libertà. La sua presenza in città - spiega - ci mette in difficoltà, ci può essere il rischio che la famiglia Riina si riorganizzi». «Credo - assicura - che questo sarà il test effettivo per capire se Corleone ha maturato gli anticorpi contro Cosa nostra.
Dal canto nostro innalzeremo il livello di attenzione e la vigilanza sul territorio. Ma di una cosa Riina jr stia certo - conclude Iannazzo -: la città non è quella che lui ha lasciato anni fa. C'è stato un cambiamento profondo ed è maturata la consapevolezza del vantaggio della legalità. Mi auguro - chiosa - che lo Stato ci aiuti».