{{IMG_SX}}Roma, 28 febbraio 2008 - Potrebbero essere finiti nella cisterna mentre tentavano di fuggire dal padre che voleva punirli, Francesco e Salvatore Pappalardi. E' un'ipotesi che segue, dopo il ritrovamento dei cadaveri dei fratellini, la procura della Repubblica di Bari che continua a ritenere valida la tesi accusatoria e ad accusare il papa' delle vittime.

 

Tuttavia dalla procura nessuno spiega (il pm Antonino Lupo non rilascia dichiarazioni, il procuratore Emilio Marzano stamattina non era in ufficio) come potrebbero essere andati i fatti. Un dato e' certo: pur ritenendo valide le accuse mosse finora a Filippo Pappalardi, l'indagine - ammettono alcune fonti investigative - va rivisitata e andra' poi eliminato il reato di occultamento di cadavere perche', concordano fonti medico-legali, quando sono caduti nel pozzo i ragazzini erano vivi. Inoltre, c'e' da capire - in base alla ricostruzione dell'accusa - se il papa' abbia lanciato i figli, se li ha visti cadere nel pozzo e sia andato via (in questo caso non c'e' neppure il reato di omicidio volontario ma, forse, quello di morte come conseguenza di altro delitto) o, ancora, se un figlio sia caduto e l'altro sia stato scaraventato.

 

Poi c'e' almeno un'ipotesi colposa, che al momento non riscuote il favore degli investigatori. Secondo questa ipotesi, i due ragazzini potrebbero essere stati fatti salire dal loro papa' (che era arrabbiato e voleva punirli) sulla sua auto, cosi' come dice il supertestimone, ma potrebbero essere fuggiti dall'autovettura per rifugiarsi nella vecchia casa abbandonata dove erano soliti giocare. Mentre si nascondevano, sarebbero precipitati accidentalmente nella cisterna.

 

Questa tesi non e' incompatibile con alcuni risultati investigativi e con il fatto che Filippo Pappalardi, sentendosi quantomeno responsabile moralmente della scomparsa dei figli, il giorno dopo sia andato regolarmente a lavorare e abbia pronunciato alcune frasi intercettate dalla polizia e abbia messo in atto quella che gli investigatori ritengono un'attivita' di elusione e di depistaggio delle indagini.

 

IL RACCONTO DEGLI AMICI

 

"Ciccio e Tore giocavano sempre con là dentro. Nella masseria ci sfidavamo tirando pietre. Scendere lì sotto era una prova di coraggio". Sono questi i racconti raccolta da La Stampa degli amichetti di Ciccio e Tore, i due bambini di Gravina scomparsi nel 2006 ed i cui corpicini sono stati ritrovati, qualche giorno fa, sul fondo di una cisterna all'interno di una masseria.

 

"Li prendevamo in giro, perchè ci sembravano poco coraggiosi" ricorda Marco, che oggi ha 16 anni. "Perchè non scendete mai nella masseria delle cento stanze?" veniva detto a Ciccio e Tore. Ed è la foto di gruppo in un interno dei ragazzi di strada nella provincia d'Italia. Come dimostra pure il racconto del ragazzino di 11 anni che ha salvato Michele, il bambino caduto lunedì vicino ai cadaveri dei due fratelli. Lui, riferisce ancora il quotidiano torinese, dice che si era calato laggiù "con altri due amici. Eravamo finiti lì perchè avevamo visto che c'erano quattro ragazzi, Michele e dei suoi compagni. Loro hanno cominciato a tirarci delle pietre e noi abbiamo risposto".

 

Dice che ha visto Michele scappare, salire su per i gradini, e poi all'improvviso "è caduto e s'è messo a gridare". Michele intanto è già tornato a scuola, adesso, e gli hanno fatto le feste. Capelli castano scuri corti, una frangetta sulla fronte, secco e nemmeno troppo piccolo per i suoi 11 anni. Spiega che sapevano tutti del pozzo e dei rischi che si correvano nella vecchia casa, ma che lo facevano tutti da sempre: "Anche Francesco e Salvatore li ho visti che entravano lì. Ma alla polizia non mi hanno dato retta" riporta ancora il giornale diretto da Giulio Anselmi.