{{IMG_SX}}Como, 26 febbraio 2008-  "Scendemmo io e mia moglie verso la casa della signora Castagna. Si apri' la porta ed apparve una persona: era il mio vicino di casa, il signor Olindo Romano''. Cosi' il sopravvissuto alla strage di Erba, Mario Frigerio, ha riconosciuto in aula Olindo Romano come quello che fu il suo aggressore, la sera dell'11 dicembre 2006.

 

Frigerio ha proseguito la drammatica testimonianza della tragica sera dell'undici dicembre 2006, quando attorno alle 20,15 la moglie è rientrata in casa e gli ha detto che dall'abitazione di Raffaella Castagna usciva del fumo: "Mi sembrava molto spaventata - ha detto Frigerio - Mi sono messo gli zoccoli e sono uscito. Dopo 4 o 5 gradini la porta dell'abitazione di Castagna si è aperta e mi è apparsa una persona". Frigerio ha spiegato che anche se "il fumo era denso, era dappertutto, vedevo benissimo la porta. E l'ho riconosciuto".

 

Il teste ha spiegato che la persona sull'uscio era il suo vicino di casa Olindo Romano e ciò "sicuramente mi ha dato un po' di fiducia... c'è lui". Frigerio ha precisato di aver visto una figura sull'uscio, quella della moglie di Olindo, ma di non essere certo che fosse lei. Frigerio ha poi raccontato di essere stato trascinato dentro l'abitazione da Romano e di essere stato colpito più volte: "Mi ha cominciato a picchiare, ho sentito un male terribile. E mentre ero giù, lui era a cavalcioni su di me e continuava a picchiarmi.

 

In quel momento ho avuto la sensazione come se qualcuno passava via, di fianco. Io ero con la faccia girata". Frigerio ha ripercorso i momenti in cui è stato ferito sul collo con un coltello: "Sentivo mia moglie che diceva "No, no. E mentre tagliava ancora mia moglie diceva 'Aiuto, aiuto', e il cagnolino che continuava ad abbaiare". A domanda specifica del pm, Frigerio conferma di aver visto il gesto diretto alla mia gola", la coltellata di Romano. "Ha infierito su di me, senza motivo, è stata una belva", ha detto Frigerio, facendo notare che lui e la moglie andavano d'accordo con tutti nel condominio e che non avevano mai avuto problemi.

 

Poco dopo, all'interno della casa piena di fumo, "non sentivo più nulla", ha raccontato Frigerio, "mi sentivo morire. Non so quanto tempo sia passato. Il fuoco era vicinissimo". Il teste ricorda poi che quando è entrato il pompiere ha sentito dire, riferendosi al corpo della moglie, che lui indicava con un gesto, visto che non era in grado di pronunciare parole, "qui c'è n'è un altro. Avrei voluto sentire che era viva - ha detto Frigerio - invece non ha detto niente".

 

LA TESTIMONIANZA

"Farei il kamikaze così muoio anch'io e non mi condannano". È solo una delle farsi pronunciate da Olindo Romano, contenute nella relazione di servizio firmata da alcuni agenti della polizia penitenziaria del carcere di Como in cui è detenuto dal gennaio 2007. Frasi ascoltate dagli agenti che lo sorvegliano a vista e che sono chiamati a depositare nell'aula del Tribunale di Como dove è in corso l'udienza per il processo ai coniugi Romano accusati del quadruplice omicidio.

 

Il comandante Marco Santoro della polizia penitenziaria ha testimoniato sul comportamento di Olindo e della moglie Rosa Bazzi tenuto nel carcere di Como. Sono continue, secondo l'agente, le richieste da parte di Olindo di una cella matrimoniale per poter condividere la giornata con sua moglie, mentre Rosa Bazzi si preoccupa delle questioni patrimoniali e della necessità di nominare un tutore. È stato proprio Marco Santoro a sequestrare la "Bibbia" di Olindo che contiene alcune frasi relative alla sua presunta colpevolezza.