Martedì 23 Aprile 2024

Le correnti in agguato

La cifra del discorso inaugurale di Nicola Zingaretti è il cambiamento radicale del partito. I contenuti sono ancora imprecisati, salvo un tema che richiama il discorso di investitura alla segreteria di Ciriaco De Mita al congresso della Dc del maggio 1982: i circoli del partito trasformati in luoghi privilegiati di associazionismo. La Dc era in crisi d’identità dopo lo scandalo della P2 e perderà molti voti alle elezioni politiche del 1983. La via del rinnovamento per De Mita veniva dalla rivitalizzazione del rapporto del partito con l’associazionismo cattolico, molto vivace, che si era da tempo distaccato dal partito. Zingaretti comincia con i giovani ecologisti, mentre Greta diviene simbolo positivo di un mondo nuovo. De Mita attaccava le correnti, quelle che Zingaretti chiama le “filiere di potere”, da azzerare. Agli esordi, De Mita raccolse una Dc apparentemente pacificata anche perché ammaccata, ma quando iniziò l’opera di riforma del partito le opposizioni divennero feroci e il patto del camper fra Craxi, Andreotti e Forlani ne decretò la caduta. Le correnti, o filiere di potere che dir si voglia, dimostrarono di essere più forti.

Zingaretti gode dello stesso clima iniziale del De Mita d’antan. Il mantra ripetuto dalla potenziale opposizione interna, da Rosato a Fiano, è che il neo segretario non dovrà scontrarsi con il fuoco amico mentre Renzi lo dice e lo ripete da lontano perché all’assemblea non si è fatto vedere. Questa iniziale luna di miele di quasi unanimismo sopravvivrà fino alle elezioni europee perché il partito sente aria di recupero, dopo avere temuto il collasso, e l’ansia da attesa è forte. Ma l’impressione è che sotto la cenere dell’unanimismo i conflitti siano potentissimi. Solo Giachetti, il più innocuo, è venuto allo scoperto, dichiarando che non avrebbe votato Gentiloni per la presidenza del partito. Viva la sincerità (e l’ingenuità)! Zingaretti colloca decisamente a sinistra il partito richiamandosi al tema classico della giustizia sociale come lotta alla povertà. È un tema identitario di giustizia distributiva che cozza però col problema cruciale di produrre una ricchezza che non c’è. E su questo non si pronuncia.

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