Virologi vanitosi (e poco credibili). Adesso basta

Avete presente quando vi ripetono dieci volte di fare una cosa e il vostro cervello improvvisamente diventa sordo? Se qualcuno ci ricorda una o due volte di fare una commissione, c’è un’alta probabilità di ricordarsene. Più aumentano i solleciti, più aumenta la probabilità di dimenticarsela. Una cosa simile sta succedendo con gli esperti che da marzo si alternano in ogni salotto televisivo per sottoporci la loro verità sul Covid. Verità che peraltro, in alcuni casi, è mutevole come il clima di Londra. Il risultato è che molti italiani non solo stentano sempre più a credere a quello che i virologi dicono, ma ora cominciano anche a provare una sorta di fastidio non appena li vedono entrare nelle loro case attraverso gli schermi televisivi.

Lo certifica una ricerca di Reputation Science, società che ha analizzato le dichiarazioni dei vari Galli, Crisanti, Pregliasco, Capua, Burioni, Zangrillo, Gismondo. I valori scelti per stilare una graduatoria tra gli esperti sono due: l’indice di allerta, che va dal -5 (una sorta di negazionismo in camice) al +5 (per le Cassandre con laurea) e l’indice di coerenza (da 0 a 10) per stabilire chi di fatto non ha mai tentennato, mantenendo salde le proprie convinzioni.

È il primo indice quello che suscita più scalpore, perché si va dal -3 abbondante di Matteo Bassetti al + 4,45 di Fabrizio Pregliasco, con all’interno cinquanta sfumature di voti. Insomma, è più facile fare un terno al lotto che capire chi c’azzecca col Covid. Forse è impossibile auspicare che succeda come in Germania, dove c’è un’unica voce considerata attendibile, quella del Robert Koch Institut, d’altra parte non se la prendano gli scienziati italiani se poi qualcuno per ironizzare vorrebbe mettere in vendita l’Album Panini dei virologi.

Non passa ora senza che non abbiano qualcosa da dichiarare a beneficio di telecamera. Da questo punto di vista il re degli intervistati è Crisanti, sempre secondo la ricerca in questione. E immagino che anche Nelson Mandela, se avesse dovuto aprire bocca ogni dieci minuti, prima o poi sarebbe incorso in qualche banalità. Stiamo per celebrare i settecento anni dalla morte di Dante Alighieri per cui sarebbe bello, nel 2021, ispirarsi alla massima del bel tacer, che non fu mai scritto. Ma qualcuno obietterà che non essendo neppure certa la paternità di quella frase, tanto vale continuare a dichiarare.

Per cui capiterà di sentire ancora dire, come è capitato ieri, che passeremo un bel Natale grazie anche a “Santa mascherina e Santo tampone”.

D’accordo, la scienza è confronto e dibattito, ma qui sembrano esserci troppi Galli (pardon, galli) nel pollaio.