Verso le Regionali. Ecco perché Conte vuole il patto Pd-M5s

È assai ragionevole che Nicola Zingaretti abbia ricordato a Giuseppe Conte l’importanza di estendere alle prossime elezioni regionali l’accordo tra Pd e M5S che tiene in piedi il suo governo. Ed è ragionevole che il presidente del Consiglio gli abbia risposto di esserne convinto. "Altrimenti sarebbe una sconfitta per tutti. Anche per me". Senza questa alleanza il centrosinistra rischia di perdere quattro delle sei regioni in cui si voterà in settembre. Il problema è che Conte non è il capo politico del Movimento. Anzi, pur essendone una espressione diretta perché fu Di Maio a indicarlo per palazzo Chigi, non si è mai iscritto e meno che mai perciò può rivestire una posizione di leadership. 

Non a caso la richiesta di Zingaretti è stata accolta con un garbato invio della palla in tribuna da parte del capo politico Vito Crimi: "Forse in Liguria….". Pd e Cinque Stelle si sono insultati da sempre. Ma mentre a livello centrale tra le forze politiche i patti Molotov-Ribbentrop sono più facili, in periferia tutto è più complicato. A Roma democratici e grillini si sono alleati dopo le elezioni. Nelle regioni dovrebbero allearsi prima. E non sarebbe facile – in quelle governate dal centrosinistra – smentire da un momento all’altro cinque anni di opposizione implacabile.

Quando Conte dice che una sconfitta del centrosinistra alle regionali sarebbe anche una sconfitta sua, non fa una riflessione romantica di appartenenza ideale. Come abbiamo già segnalato in passato, l’eventuale sconfitta del Pd in Puglia e nelle Marche, lascerebbe al partito di Zingaretti soltanto 4 regioni italiane su venti e meno di un terzo degli abitanti dell’Italia. La scossa politica potrebbe essere non lieve e verrebbero riesaminati i complessi rapporti di maggioranza a livello centrale che stanno portando il governo alla lentissima approvazione di riforme di sistema che negli altri paesi o erano già state fatte o sono nate all’inizio dell’emergenza Covid. Alla vigilia di un autunno che tutti temono durissimo. Questi scricchiolii hanno portato l’ala più realista del Pd a sostenere l’accelerazione della riforma della legge elettorale per evitare che il cocktail tra le norme attuali (Rosatellum) e la riduzione del numero dei parlamentari che avverrà col referendum del 20 settembre, consegni al centrodestra a guida Salvini la maggioranza assoluta del Parlamento. Non a caso il capo della Lega spera di far cadere al più presto il governo. Perciò Conte ha detto a Zingaretti che una sconfitta del Pd alle regionali….