Vaccini in ritardo: tutta colpa della non-Europa

L'Unione paga il fatto di essere ancora una via di mezzo che non serve più. Se le competenze sono agli stati nazionali, un'azione efficace e rapida è impossibile

Ursula von der Leyen (Ansa)

Ursula von der Leyen (Ansa)

Nel ritardo per la campagna vaccinale ha fallito l’Europa o ha fallito la “poca“ Europa? L’Europa delle attuali strutture bruxellesi, con i trattati in essere, le competenze ripartite tra stati nazionali e governance europea oppure il fatto che l’Unione europea per come è messa attualmente è un gigante con i piedi d’argilla, non possiede i poteri che le avrebbero permesso di operare con tempestività ed efficacia in una crisi di tale portata? La risposta giusta è probabilmente la seconda, al netto di una carenza di leadership europea evidente, con la signora von der Leyen sempre in balia degli eventi, a rincorrere gli altri e mai in grado di dettare l’agenda come invece un momento così drammatico avrebbe richiesto. Le politiche sanitarie sono materia nazionale e quindi l’Unione europea si è all’inizio trovata spiazzata, non ha avuto materialmente gli strumenti normativi interni per intervenire nella predisposizione di una campagna vaccinale efficace. E’ stato un classico caso di non-Europa. Gli stati membri hanno dal principio pensato di “fare da sé“, poi si sono accorti che da soli non sarebbero andati da nessuna parte e si sono affidati all’Unione, quando però gli altri (Usa, Regno unito, Israele) si erano già accordati con big pharma, generando un ritardo che è stato esiziale e di cui ancora paghiamo dazio.

La vicenda vaccini ha mostrato che l’Unione è ancora una “via di mezzo“ che a questo punto ha davvero poco senso. Un coacervo di sovranazionalità a responsabilità limitata, che non basta più. Per competere con giganti del calibro degli USa, Cina, Russia serve un salto vero nel futuro, occorre eliminare questa terra di mezzo di competenze stiracchiate qua e là che non portano né la botte piena né la moglie ubriaca. Se la politica sanitaria fosse stata materia comunitaria, come ce ne sono tante altre, la Commissione avrebbe avuto da subito la possibilità di muoversi, il commissario competente avrebbe avuto la libertà di trattare con le case farmaceutiche e di far sentire il peso politico ed economico che nessun altro al mondo, fuori forse la Cina, possiede. Noi invece la politica sanitaria l’abbiamo divisa tra i nostri governatori, e sappiamo i disastri che la maggior parte di loro ha combinato. C’è molta strada da recuperare, speriamo almeno che questo dramma epocale ci abbia insegnato qualcosa.