Martedì 23 Aprile 2024

Turchia: il colpo di Stato, la Nato e la guerra all'Isis

Cia sotto accusa: è apparsa all'oscuro di tutto

Turchia, il colpo di Stato (Ansa, fermo immagine SkyTg24)

Turchia, il colpo di Stato (Ansa, fermo immagine SkyTg24)

dall’inviato Giampaolo Pioli

New York, 16 luglio 2016 - La convocazione immediata del Consiglio della Sicurezza Nazionale nello Studio Ovale col capo della Cia e del Pentagono presenti indica l’alta tensione che serpeggia alla Casa Bianca dopo il golpe in Turchia. Barack Obama e Erdogan si erano visti la settimana scorsa al vertice della Nato in Polonia ed è proprio la Nato uno degli elementi chiave che potrebbe diventare chiave nel colpo di stato turco.

La Cia è sotto accusa perché l’annuncio del golpe sarebbe arrivato mentre Obama stava ricevendo il breefing dell’intelligence e la Cia è apparsa all’oscuro di tutto.

Il presidente Usa si è messo subito al telefono con i leader di Germania, Francia e Inghilterra per poi comunicare anche con gli altri partner Nato.

I militari del Pentagono ad esempio hanno sempre avuto buoni rapporti con le forze armate turche (considerate laiche) prima della salita al potere di Erdogan, ma il fatto che anche i servizi segreti militari Usa siano stati coliti di sorpresa imbarazza la Casa Bianca.

La decisione più difficile nelle prossime ore potrebbe diventare per Obama quella di valutare un ruolo della Nato nella stabilizzazione della Turchia e nel ripristino di un governo comunque democraticamente eletto anche se Erdogan ha assunto sempre di più la statura dell’uomo forte se non di un vero e proprio dittatore, che adesso è costretto a chiedere la rivolta popolare per respingere la presa del potere dei militari golpisti definendoli una minoranza all’interno delle forze militari turche.

La combustione tra il massacro di Parigi e quello che potrebbe diventare un prossimo bagno di sangue in Turchia mette Obama e l’America in una posizione di delicatezza strategica senza precedenti. Per Trump e la Clinton il golpe turco porta allo scoperto quella che sarà la nuova linea di politica estera dei due candidati alla presidenza. Dovranno presentarla presto e gli americani a novembre si baseranno anche su questo. Se Obama optasse per Erdogan contro i golpisti, nella difesa di un principio democratico che si deve applicare anche in Turchia, soprattutto dopo il fallimento delle primavere arabe, correrebbe il rischio di inimicarsi le potentissime forze armate turche storicamente laiche e non ideologizzate, che si sono dimostrate molto più determinate nel combattere i terroristi che non il presidente Erdogan che negli ultimi due anni ha lasciato praticamente aperto le frontiere facendo passare i guerriglieri dell’Isis e di Al Qaeda, nei due sensi, totalmente ossessionato dalla guerra nella guerra che voleva combattere contro i curdi, in Turchia e in Siria. Ma adesso si tradurrà nel dilemma della Nato.