Donald Trump, come al solito, anche questa volta è stato perentorio: abbiamo vinto e il collasso finale dell’Isis è imminente. Ragion per cui, cari europei, venite a riprendervi gli oltre 800 concittadini che abbiamo catturato, processateli
e incarcerateli. E fate presto, perché saremo costretti a liberarli e torneranno a casa vostra. Siccome The Donald ci ha già dimostrato che alle parole seguono i fatti, è bene dargli retta. Come al solito, nessuna traccia di diplomazia, che al presidente-tycoon appare noioso e inutile orpello, ma ordini precisi ai suoi perplessi ma subordinati alleati ed amici.
Si profila un bel problema.
Il rischio è quello di trovarci ben presto tra due fuochi: quello imprevedibile dei terroristi fai-da-te, che non lasceranno certo incarcerare i loro eroi senza farsi notare con rumori molesti, e quello più pericoloso, ma più tracciabile dei reduci del fu Califfato. Dopo Mosul e Raqqa, secondo gli analisti, mentre una parte si era data appuntamento nelle distese sabbiose sub-sahariane, un’altra aliquota si era dematerializzata in fughe individuali verso i luoghi di origine. Ora, dopo Deir Azzor (ma la battaglia non è finita e ci sono altre perdite) i conti dei governi europei più interessati sembrano grossomodo tornare con i numeri twittati da Trump. Si citano circa 400 combattenti in quota alla Gran Bretagna, meno di 300 alla Germania e più di 250 alla Francia. Totale oltre 800, come da Twitter. Per l’Italia gli schedati con cittadinanza sarebbero poco più di una decina, ma, secondo dati ministeriali dell’epoca del ministro Minniti, anche diversi pretendenti senza cittadinanza risultano orientati verso l’Italia.
Non avremmo mai osato supporlo, ma chissà quanti tra i super-corretti benpensanti europei e nazionali rimpiangeranno segretamente i tempi della deprecatissima Guantanamo, quando gli Usa, oltre che delle guerre, da soli si facevano carico anche delle grane conseguenti. Con Trump non sarà mai più così, conviene che cominciamo ad attrezzarci.