Giovedì 18 Aprile 2024

Casette post terremoto, emergenza quotidiana

Mancava solo l’inchiesta della magistratura di Ancona. Adesso il cerchio è chiuso. Più di così le casette del dopo sisma, chiamate Sae, Soluzioni abitative di emergenza, non possono dare. Sono arrivate tardi, e non ancora tutte, alcune hanno fatto impazzire tecnici ed inquilini con i boiler che d’inverno ghiacciavano, le tubature che non funzionavano, le strade adiacenti disastrate come a Kabul. Oggi a due anni dal sisma su 1932 richieste ne mancano ancora circa 300. Non male come tempi. Al di là di cosa stabilirà l’inchiesta su presunte irregolarità nei subappalti delle Sae, di sicuro questa storia di case, emergenza e burocrazia conferma ancora una volta che nella fase di ricostruzione del post sisma marchigiano spuntano troppe cose che non funzionano pur accanto ad altre che invece sono andate per il verso giusto.

Certo, come spiega il presidente della Regione Marche, i numeri della ricostruzione sono alti e positivi. Ma nelle pieghe della vita quotidiana l’approccio delle istituzioni è inadeguato perché una situazione straordinaria viene affrontata con criteri ordinari. Ve la ricordate nonna Peppina, anni 95, al secolo Giuseppa Fattori, di Fiastra provincia di Macerata? A 95 anni con la casa inagibile divenne l’emblema della burocrazia spietata. La allontanarono da una abitazione di legno di sua proprietà, posta sotto sequestro. Mancava l’autorizzazione paesaggistica della Soprintendenza. Poi le revocarono il contributo per l’'autonoma sistemazione'. Una ribelle, nonna Peppina. Con decreto legge (tardivo) a giugno le hanno restituito la casa. Intanto ancora a marzo il 70% delle macerie giaceva sul terreno. L’Italia assediata dalla corruzione sulle grandi opere e dalle coop di furbetti che sfruttano l’accoglienza degli immigrati, ha tormentato con diligente formalità centinaia di persone costrette per vivere a generare piccoli abusi, aggirare qualche regola, affidarsi a minuscole difformità. Il recente decreto legge ha fornito nuovi aiuti e rimediato a molte ingiustizie. Meglio tardi che mai. Ai tempi del governo Berlusconi la Protezione civile di Guido Bertolaso ebbe poteri straordinari e ottenne risultati rapidi. In 11 mesi all’Aquila furono consegnate new town per 16 mila persone. Certo, anche qui non tutto filò liscio ma la formula era valida. Nelle Marche gli esponenti delle istituzioni dissero: non faremo come all’Aquila. Esatto, non se ne sono stati capaci.