Giovedì 18 Aprile 2024

Ordinaria lentezza

In Irpinia, trentasei anni dopo il sisma, c’erano ancora progetti da completare e prefabbricati occupati da terremotati. In Abruzzo, Fernando e Vittoria, due coniugi in pensione, hanno aspettato dieci anni prima di rientrare nella loro casa, distrutta in una notte. Se tutto andrà bene, la ricostruzione dell’Aquila sarà completata solo nel 2025, quindici anni dopo la scossa del 6 aprile.

Storie di ordinaria lentezza, come quelle che Qn ha raccolto in queste pagine. Cronache di una burocrazia due volte insopportabile. La prima, perché continua a rimandarci l’immagine di un Paese fermo, dove la regola del rinvio prevale sull’obbligo del fare, dove per realizzare un’opera pubblica con un valore superiore ai 50 milioni sono necessari per lo meno undici anni. La seconda, perché è una burocrazia che si accanisce – con le sue norme bizantine e i ghirigori delle sue procedure – su italiani che al dolore aggiungono altro dolore, che hanno perso tutto e devono aspettare anni prima di riprendersi un pezzo di vita normale.

Di fronte a un dramma come quello di un terremoto ci si aspetterebbe, invece, un surplus di attenzione e di lavoro, un intervento immediato anche dopo i primi (e sacrosanti) soccorsi: uffici pubblici pronti a smaltire le pratiche e a fare gli straordinari, sportelli aperti 24 ore, richieste di risarcimento e di permessi aperte e chiuse in un batter d’occhio. E, se proprio vogliamo dirla tutta, anche un governo disposto finalmente a snellire quel mostro burocratico che, con le sue centomila leggi e leggine, pesa come un macigno sul nostro Paese.

Per la verità, il giorno dopo una grande tragedia, non c’è premier e ministro di turno che non abbia promesso tempi certi e procedure snelle, azzardato date e cronoprogrammi. Poi, però, le buone intenzioni si frantumano contro quel coacervo di disposizioni, autorizzazioni, uffici e carte bollate che resistono a ogni scossone. Perché la «burocrazia della lentezza» non fa sconti. Anche quando dovrebbe guarire ferite da ricucire al più presto e, in ogni caso, con tempi compatibili con quelli di un Paese civile.