Stipendi livellati. La retorica anti casta uccide il merito

Nel “caso Tridico“ stupisce non tanto la delibera che ne aumenta lo stipendio a 150mila euro lordi all’anno (circa 6mila netti al mese), quanto che un dirigente apicale di quel livello potesse ricevere in precedenza una busta paga inferiore ai 3mila euro, molto meno di tanti dirigenti dell’Inps stesso, e - secondo aspetto che lascia senza parole - che nessun politico, neppure quelli che l’avevano nominato, i grillini, abbiano speso una dichiarazione per affermare una verità tanto evidente: chi lavora con competenza, preparazione e si assume grandi responsabilità, magari rischiando anche il posto, dever ricevere un emolumento adeguato.

E 3mila euro per il presidente di un ente che mobilita 300 miliardi all’anno, ha migliaia di dipendenti, non sono adeguati. Lasciando da parte le considerazioni sulle capacità o non capacità mostrate dal professor Pasquale Tridico in questo anno e mezzo alla guida dell’Inps, su quanto si è visto nella gestione della cassa integrazione post-Covid o nel caso dei tre furbetti del bonus, considerazioni che vanno al di là del ragionamento.

Non l’hanno difeso i grillini, non l’ha difeso il presidente del Consiglio di quel governo che l’aveva nominato, Giuseppe Conte. Tutti si sono detti stupiti dell’aumento di stipendio, o hanno fatto intendere di esserlo stati. L’hanno scaricato. Non l’hanno difeso perché la narrazione anticasta di cui i 5 stelle si sono alimentati e di cui tuttora detengono il copyright (il referendum di domenica scorsa lo conferma) presuppone che non conti quanto si è capaci di fare, non conti il merito o il curriculum che si esibisce per ottenere un posto. Conta solo che si venga pagati poco perché altrimenti si è “casta“. La narrazione dell’uno vale uno, quella che fece pronunziare le memorabili parole “questo lo dice lei“ alla viceministro Castelli (titolo di studio, laurea triennale in economia) rivolgendosi a Piercarlo Padoan (professore universitario di economia), la narrazione dell’uno vale uno, dicevamo, mette tutti sullo stesso piano, bravi o cretini, belli o brutti, preparati o apprendisti stregoni, così nel momento in cui siamo tutti uguali, tutti dobbiamo guadagnare il meno possibile. L’unico livellamento ammesso è al basso, l’unico stimolo che si trasmette è fare poco. Tridico finisce così vittima di quella retorica che l’aveva portato alla guida dell’Inps, ma non è l’unica vittima. La vittima principale è l’Italia, tutti noi, schiavi come ci hanno fatto diventare di una mentaliltà che non incentiva il merito e la sua giusta remunerazione, e una selezione della classe dirigente in base alle competenze e ai sacrifici per ottenerle. L’esatto contrario di ciò che serve a un Paese che si deve tirare fuori dalle secche di una crisi senza fine.