Giovedì 25 Aprile 2024

Stati Generali, passerelle inutili. Meglio lavorare in Parlamento

Chiacchiere e distintivo fanno molto film, così come l’insopportabile definizione “splendida cornice“ fa molto Stati Generali a Villa Pamphili: retorica ed evanescenza. Parole, parole, parole che non colmano i vuoti pneumatici con cui il Paese reale fa i conti senza potersi rifugiare in una fiaba. Non vogliamo un’illusione, ma la conclusione degli atti attesi. Servono i soldi della cassa integrazione, sarebbe servito il rinvio dell’Imu da versare entro domani e l’avvio dei cantieri approvati dal Cipe. Stona troppo la differenza tra la sfilata di auto blu che entrano nella Versailles italiana, i ministri che passeggiano tra le siepi del giardino all’italiana, e la situazione del paese reale rimasto fuori. 

Il Paese che stenta a ripartire perché tre mesi di lockdown hanno tolto il respiro all’economia. Che cosa ci hanno detto gli ospiti degli Stati Generali che già non sapessimo? Che cosa ci dobbiamo aspettarci oggi da Vittorio Colao e dalla sua task force che ha riempito 100 pagine di idee per sentirsi sbeffeggiare dallo stesso governo che l’ha creata? E l’Europa? Ha ribadito che gli aiuti arriveranno, ma in cambio servono riforme. Ce lo sentiamo dire da anni, c’era bisogno di apparecchiare un G8 de noantri per farcelo ripetere? Le riforme da fare – subito – sono le stesse che elenchiamo ormai stancamente da sempre: giustizia, burocrazia, semplificazioni, piani per la crescita.

Ci è stato ripetuto che il futuro economico deve essere sostenibile e verde. Prendete appunti, ma è la solita lezione. La verità è che senza atti concreti sotto il summit non c’è niente. Anzi, può essere un boomerang. L’ostentazione del potere da parte di chi lo ha scalato facendo leva sull’antipolitica è una miccia pericolosa. Scatena l’ira degli esclusi, mina la coesione sociale, l’unica ricchezza che ci è rimasta finora. Le passerelle sono passate di moda anche a Miss Italia, figuriamoci in un Paese che non ha bisogno di perdere tempo.

Ma forse al governo qualcuno sta cercando di prender tempo, di rinviare, di riempire di parole l’assenza di concretezza. Costruendo un Grande fratello di slogan, rispolverando i sempreverdi della chiacchiera politica. Non si esce da questa palude parlando di riforme, ma facendole sul serio, anche a costo di farsi nemici. Le riforme sono atti legislativi e le leggi non nascono a tavola. Si esca dalle ville e si torni di corsa in parlamento. Siamo una repubblica, non una monarchia neppure troppo illuminata. È in Aula che si incontrano gli Stati Generali eletti dal popolo. Solo lì si possono prendere decisioni: basta permettere al Parlamento lavorare e non semplicemente di assistere allo show.