Je rode

Conte tra il sottosegretario uscente Giorgetti e l''erede' Fraccaro (ImagoE)

Conte tra il sottosegretario uscente Giorgetti e l''erede' Fraccaro (ImagoE)

Accade sempre ed è accaduto anche stavolta. Quando a Palazzo Chigi si svolge la piccola cerimonia del passaggio delle consegne tra vecchio e nuovo governo, anche uno arrivato da Marte e ignaro dell’identità dei protagonisti potrebbe indivinare a botto chi è che entra e chi invece saluta. Basta misurare l’ampiezza del sorriso. Siccome siamo tutti uomini, la necessità di fare buon viso a cattivo gioco non riesce mai a dissimularsi fino in fondo. A Roma si direbbe "je rode". Solo Renzi e a suo tempo Berlusconi riuscirono a scherzare anche quando dovettero consegnare la campanella al successore, ma insomma parliamo di fuoriclasse del cabaret in grado di fare da mattatori di fronte a Belzebù.

Stavolta la scenetta si è ripetuta, pure se in dimensioni ridotte visto che il premier uscente e quello entrante erano il medesimo e l’effetto dare/avere si è letto comunque nel volto di Giancarlo Giorgetti, l’ex sottosegretario leghista che ha salutato le stanza dei bottoni, forse per lungo tempo, e non ha potuto mascherare quanto "je rodesse". Vista anche la dimanica della crisi e l’autogol ferragostano del suo Capitano, al dispiacere si saranno aggiunti i rimpianti. La cerimonia della campanella finisce così per essere una umanissima istantanea sul potere, e sul fascino che esso esercita, sull’incapacità di restare freddi di fronte a ciò che si aveva e ci è sfuggito di mano. E a rendere simpatici protagonisti che in altre occasioni ci appaiono tanto distaccati.