Martedì 16 Aprile 2024

Sipario su Capitan Inchino

STAVOLTA non è scappato, non si è fatto gridare al telefono «salga a bordo, cazzo» da un comandante della Capitaneria di porto. Cinque anni e quattro mesi dopo la tragica notte della Costa Concordia, l’ex capitano Francesco Schettino è riuscito a risalire, almeno idealmente, quella biscaglina, quella scaletta di corda che pendeva dalla prua della nave, spiaggiata come una balena sugli scogli del Giglio. «Busso al carcere per costituirmi perché credo nella giustizia. Le sentenze si rispettano», ha detto al suo avvocato appena arrivata la conferma della condanna dalla Corte di Cassazione, Con un ritardo colpevole di 5 anni e 4 mesi, Schettino si è assunto le sue responsabilità. Non è una attenuante, non è una medaglia del merito. Soltanto la constatazione che il sipario è calato inesorabilmente, come accade in tutte le tragedie umane, che qualche volta si tingono anche di aspetti farseschi.

DALLA NOTTE del Giglio al portone di Rebibbia il cerchio si chiude, cala la tela su Capitan Inchino. Schettino non dette l’allarme in tempo, si buttò su una scialuppa di salvataggio e arrivò asciutto all’isola del Giglio, infischiandosene del dogma che un comandante è l’ultimo ad abbandonare la nave. Le 32 vittime del naufragio, quella processione di formichine sulla fiancata della Concordia, i quattromila passeggeri infreddoliti, terrorizzati e accolti con coperte e giacche dagli isolani, sono tutti drammi imputabili alla sua manovra suicida di avvicinamento allo scoglio delle Scole. Il disastro ambientale, economico e di immagine per Costa crociere, per l’Italia e per la marineria tricolore sono stati solo parzialmente rattoppati dal risarcimento ai passeggeri e ai familiari delle vittime. E da qualche opera di compensazione pagata dalla Costa. Con il relitto rimosso, trasportato e smantellato dal Giglio a Genova, grazie all’abilità tecnica di imprese italiane e ingegneri sudafricani. Francesco Schettino è diventato un triste simbolo della «grande bellezza» italica, un Paese da crociera naufragato per l’imperizia del suoi comandanti. Ora che la condanna è stata confermata, c’è spazio solo per i titoli di coda. Sperando che non ci siano sequel giudiziari su Capitan Inchino.