Sanremo 2020, perché abbiamo sempre bisogno di un Festival

Arma di distrazione di massa, il 70° Festival di Sanremo da stasera è pronto a invadere le nostre vite stremate da settimane di scontri politici pesanti e di ritrovate giovanili (e meno giovanili) passioni di piazza. Non sono comunque giorni felici, e questo Festival, che doveva presentarsi come il Sanremo in rosa, è già inciampato sull’elogio del passindietrismo delle donne e sulla collocazione in gara di un trapper dal passato di videoclip con lui con la mazza da baseball in mano e la sua ragazza legata a una sedia con un sacchetto in testa. Ciononostante, sembra davvero che un Paese intero proprio a questo Festival stia ora affidando la speranza di una pausa, di un sorriso.

Credere seriamente che il Festival di Amadeus sia il festival salvifico dalle nostre paure (l’epidemia del coronavirus), dalle nostre ossessioni (giustizia sociale per i giovani perennemente stagizzati ma perennemente senza la certezza di un lavoro), potrebbe sconcertare. L’uomo a cui ci affidiamo per risollevarci il morale e ritrovare in tv l’eleganza della civiltà – almeno per una settimana – è un ex deejay dalla capacità di infilare una gaffe sessista dietro l’altra, uno che – diceva ieri Fiorello – aveva come guru Sandy Marton e probabilmente, nell’81, mentre Johnny Sands moriva per lo sciopero della fame in Irlanda del Nord, lui scopriva l’impegno sociale nello sforzo di ricordarsi tutti i passi del Gioca Juer.

Fatto sta che però Amadeus ha anche un asso nella manica, per questo suo Sanremo, un asso che si chiama Fiorello e che di risate brio e sorrisi sa regalarne in scioltezza, in quantità. Fiore ha accettato l’impresa finora impossibile di animare l’Ariston tutta la settimana: lo avrà fatto per soldi, probabilmente, ma è bello pensare che l’abbia anche fatto per amicizia. Per una vecchia promessa scambiata con il giovane amico Amadeus, più di trent’anni fa. Allora vien da pensare: se Amadeus, che è un uomo dagli occhi buoni, è stato capace di coltivare un’amicizia così per oltre trent’anni, significa che magari non tradisce, magari è una brava persona, magari ha un cuore. Quanto potrebbe bastare a trasformare la vacua (dunque riempibile di tutto) medietà del conduttore di quiz Lagnadeus nell’autore di un bel Sanremo, ExcelsisDeus. E anche a trasformare l’Italia in un Paese migliore? Non esageriamo. Ma almeno fino a stasera, la speranza ci può stare.

Sanremo 2020, dieci cose da sapere. Dagli ospiti alle giurie