Convivenza difficile

Matteo Salvini e Luigi Di Maio (Lapresse)

Matteo Salvini e Luigi Di Maio (Lapresse)

L’accordo tra 5S e Lega, si sa, è segnato sin dall’inizio da una tensione di fondo, tra basi elettorali e promesse in conflitto. Per ora, siccome per quelle più impegnative (flat tax e reddito di cittadinanza) non ci sono i soldi, Salvini e Di Maio si sono buttati sulle decisioni a costo zero e alto impatto simbolico o emotivo: la stretta sui rifugiati da una parte; sui costi della politica e sui licenziamenti dall’altra. E la strategia funziona. Sull’immigrazione, la drastica riduzione degli sbarchi avvenuta già nel primo semestre del 2018 grazie a Minniti consente a Salvini di fare la voce grossa con iniziative che spostano poco, in concreto, ma lo accreditano come il vero risolutore agli occhi di una opinione pubblica che non controlla i numeri. Sul lavoro, gli effetti positivi del jobs act e della ripresa consentono a Di Maio di accontentare la Cgil sulle norme anti-flessibilità. Ma due ragioni possono portare a una rottura. Una si è appena vista. Per farsi sentire, ciascuno dei due deve tenere alto il volume sui suoi argomenti fino al punto di infastidire l’altro: il Salvini che se la prende pure con donne incinte, minori e malati; i 5S che non possono al tempo stesso dimostrarsi inflessibili sui vitalizi e chiudere un occhio sui soldi pubblici spesi senza controlli dalla Lega. La seconda ragione arriverà quando dovranno decidere cosa tagliare per investire su flat tax e reddito di cittadinanza o di far saltare il banco invece di arrendersi pubblicamente all’evidenza che i soldi non si trovano per nessuna delle due cose. Da qui la voce secondo cui Salvini potrebbe rompere se le elezioni Europee dovessero certificare il suo sorpasso sui 5S e il successo dell’OPA su Forza Italia. Interrogato sul punto, Di Maio fa sapere che, in caso, lo anticiperebbe. Difficile dire se è un gioco delle parti tra due alleati che vogliono sembrare alternativi. È certo che tra loro c’è una netta asimmetria. Se rompe, Salvini può veramente vincere le elezioni parlamentari come leader incontrastato del centrodestra. Di Maio dovrebbe solo sperare in un cambiamento nel Pd che consenta di riapparecchiare l’altro tavolo.