Salvini a processo. La giustizia segna di nuovo l’agenda politica

L'eliminazione dell’avversario politico per via giudiziaria fa parte da trent’anni di una consolidata tradizione italiana. Tangentopoli azzerò in pochi mesi tutti i partiti che avevano governato l’Italia per cinquant’anni, con la sola esclusione di quel che restava del Pci. Berlusconi è ininterrottamente sotto processo dal ’94 ed è stato espulso dal Senato nel 2003 con una sentenza che fa tuttora discutere. Il potere di Renzi fu intaccato dalle inchieste sul padre e – impropriamente – su Banca Etruria. Ed eccoci a Salvini. Le intercettazioni del caso Palamara dimostrano apertamente l’orientamento di alcuni magistrati...

Le intercettazioni del caso Palamara dimostrano l’orientamento di alcuni magistrati di farsi braccio armato di quella solida frazione politica (sempre la stessa) che a ogni costo vuole impedire il ritorno della destra al potere, considerato sconveniente per l’ordine democratico, al di là della volontà degli elettori.

L’ennesima capriola di Renzi (contro il processo in commissione, a favore in aula) non deve stupire. Sia per il carattere, come dire?, movimentista della persona, sia perché essendo il processo a Salvini un puro affare politico, le condizioni politiche sono mutate: quattro presidenze di commissioni parlamentari valgono bene una messa, direbbe Enrico di Navarra che si convertì al cattolicesimo pur di conquistare Parigi. Così il capo della Lega subirà due processi per aver fermato due navi di migranti come ministro dell’Interno.

Sarà condannato per sequestro di persona aggravato? Bah…(Immaginate se in Spagna avrebbero mai pensato di processare chi sparò sui migranti a Ceuta e Melilla. Ed erano spari…). In ogni caso, quei due procedimenti saranno un processo all’intero sistema dell’accoglienza. E sarà interessante ascoltare tanti testimoni eccellenti. Il caso vuole che la pronuncia del Senato è avvenuta mentre il governo è molto incerto (per usare un eufemismo) sulla strategia più utile ad arginare un’autentica invasione di disperati: 13.500 sbarchi negli ultimi tre mesi contro i 3000 dell’anno scorso. Con l’aggravante del Covid che ha già combinato disastri in un centro del trevigiano.

Mentre la disgregazione del M5S rende sempre più difficile un atteggiamento unitario della maggioranza, con Di Maio pronto a raccogliere le macerie del partito per reinventarlo a sua immagine e somiglianza ai danni di Conte. E’ bene tuttavia che Salvini sappia che una politica fondata solo sui migranti non porta lontano. Se vuole candidarsi a guidare il governo quando mai dovessero esserci le elezioni, deve allargare l’orizzonte. E di molto…