La fortuna di Salvini

Matteo Salvini (LaPresse)

Matteo Salvini (LaPresse)

Matteo Salvini è un uomo fortunato. Anche chi non ama i suoi toni esasperati, perfino chi non ne condivide la durezza nei confronti dei migranti, deve arrendersi dinanzi all’ipocrita arroganza di paesi europei grandi e piccoli. Il presidente francese Emmanuel Macron accusa il governo italiano di essere affetto da "lebbra populista", con evidente riferimento al nostro ministro dell’Interno che gli ricambia la cortesia ogni giorno. Una espressione del genere sarebbe stata bene in bocca a Churchill nei confronti del primo Hitler, ma è sorprendente e inaccettabile che venga usata dal capo di un paese – si diceva una volta – ‘amico e alleato’. La realtà supera la fantasia.

Il governo italiano sta comportandosi esattamente come quello francese a Ventimiglia e a Bardonecchia con alcune significative differenze. 1) Non malmeniamo e respingiamo donne incinte disperse nella neve. 2) Non sconfiniamo in Francia per impedire che qualche migrante attraversi la frontiera. 3) Continuiamo a raccogliere, assistere e portare in Italia molte centinaia di profughi con le nostre navi militari. 4) Ne abbiamo raccolto e ospitato centinaia di migliaia, mentre aspettiamo che la Francia si prenda i novemila che ancora le spetterebbero secondo il piano europeo dei ricollocamenti.

La stessa Angela Merkel è sorprendente. Come può una leader della sua esperienza concordare con Macron un documento che – se non fosse stato precipitosamente ritirato – più che un ‘appunto di conversazione’ per il vertice di domani sarebbe stato un cappio al collo per l’Italia? Invece di non far arrivare più migranti, in sostanza, avremmo dovuto riprenderci quelli sconfinati in altri paesi europei, in attesa che i paesi africani accettino di tenerseli. Bene ha fatto perciò il premier Conte a minacciare la diserzione del tavolo di Bruxelles, come hanno annunciato i quattro di Visegrad. Agli ordini del focoso premier ungherese Orbàn, polacchi, cechi e slovacchi fanno sapere che le loro frontiere sono già chiuse. Attentissimi ai benefici economici dell’ingresso nell’Unione europea, questi paesi strappano la pagina dei doveri di solidarietà. E bene ha fatto il governo italiano a minacciare il veto al saldo di tre miliardi dei sei dovuti alla Turchia per il blocco della frontiera orientale se non arriveranno un po’ di soldi anche a noi. L’obiezione che viene mossa alla fermezza del governo è il rischio dell’isolamento dell’Italia. Torna alla mente la vecchia, famosa espressione che gli inglesi usavano prima di adottare il sistema metrico decimale : la Manica è in tempesta, l’Europa è isolata. Noi non siamo una potenza imperiale come la Gran Bretagna di allora.

Ma senza Italia l’Unione europea non esisterebbe. E senza di noi non sarebbe esistito (e non esisterebbe) nemmeno l’euro. Perciò ci fecero entrare nel club della moneta unica pur sapendo che non avremmo mai raggiunto il 60 per cento nel rapporto tra debito e prodotto (eravamo nel ’97 al 121 per cento, siamo al 130…). E allora facciamoci forti delle nostre debolezze. Con equilibrio e buonsenso, certo. Ma insomma… PS. Ieri il Financial Times ha pubblicato con grande evidenza la lettera di un economista americano dal titolo: «Fu la Germania, non l’Italia, l’anomalia della zona euro». Conclusione: «Non sarebbe giovevole assolvere i partner dell’Italia – e in particolare la Germania – dalle loro responsabilità nell’aver creato gravi squilibri nelle disfunzioni dell’unione monetaria europea. Rifiutandosi costantemente di riequilibrare i loro surplus, Germania e Olanda impediscono alla Banca centrale europea di assicurare la stabilità del sistema e tengono gli italiani in ostaggio nella camera di tortura dell’euro». Niente da aggiungere.