Giovedì 18 Aprile 2024

Camera e Senato, il vento nella rete

Luigi Di Maio (ImagoE)

Luigi Di Maio (ImagoE)

Lo stallo o, a seconda dei punti di vista, la palude delle ultime ore sull’elezione dei presidenti di Camera e Senato non è altro che il frutto avvelenato di anni di delegittimazione reciproca. Di veti personali e personalistici più o meno incrociati, di un giustizialismo non di rado alla Robespierre. A volte addirittura di quella che si chiama in gergo 'character assassination', distruzione della reputazione di chi viene percepito non come avversario ma come «nemico».  Cosicché diventa impervio e politicamente imbarazzante fare anche solo quello che in questi passaggi è prioritario e comunque propedeutico: incontrarsi, sedersi attorno a un tavolo, darsi la mano, salutarsi.

Sembra un paradosso o un dettaglio, ma la convulsa e labirintica giornata di ieri si è tutta svolta innanzitutto attorno alla ricerca estenuante e bizantina da parte di Luigi Di Maio di una modalità per evitare di incrociare Silvio Berlusconi, con il rischio di una photo opportunity che il vento della rete e dei social avrebbe portato, come segno dello scandalo, sull’ultimo profilo dell’ultimo grillino. Ecco che, allora, come un novello doroteo dell’eterna Prima Repubblica, il leader dei 5 Stelle si è mosso tra sotterfugi e incontri non incontri, colloqui riservati e ammiccamenti, emissari e ambasciatori. Divieto assoluto, invece, di colloqui diretti con Berlusconi, per salvare la faccia ed evitare quella rivolta social alimentata da anni di delegittimazione. Senza per questo, però, voler rinunciare ai voti dei parlamentari azzurri per il proprio candidato. Quello che si definisce come la botte piena e la moglie ubriaca. Che poi, diciamolo, è la quintessenza di certa italica attitudine che nessuna piattaforma Rousseau potrà scalfire.