Martedì 23 Aprile 2024

Un Paese diviso

Roma, 18 agosto 2018 - Dunque non sono tutti di Stato i funerali di Genova. Una parte delle vittime per volontà dei congiunti li ha rifiutati, preferendo raccoglimento e lontananza dal clamore mediatico che questi funerali trascineranno con sé anche per la commozione sincera di un’Italia intera, migliore dei suoi governanti ancora una volta, e tutta stretta intorno al loro dolore. Cammino per le strade della mia città e dovunque sento il miasma: la gente ne parla, la tragedia ci fa ancora Fratelli d’Italia. La ferita che il Bel Paese vive è così profonda da far riemergere tante altre che parevano dimenticate. Colgo nei bar e nei luoghi di ritrovo il leit motiv naturale della ricerca del colpevole, ma con un fondo di amaro scetticismo, come tutti fossimo consapevoli che di nuovo chi ha la colpa di questa disastrosa gestione delle cose la farà franca. Capto nell’aria l’antica sfiducia, che conosco dall’epoca delle stragi dei treni come da quella delle devastazioni dei terremoti, da quando in troppe altre occasioni si è sofferta la costante grande lontananza della gente da chi la governa. È un’antica piaga dell’Italia. Quella di uno Stato che si allea alla Natura maligna, invece di contrastarla. Lo Stato non è amico. Dobbiamo spesso difenderci da lui. Diffidare, arrangiarci da soli.

La Storia di un Paese civilissimo ma diviso per secoli, di troppo recente unione e scarsa educazione a vivere insieme, ce la portiamo dietro, ancora senza scampo. Così non stupisce che parte dei funerali ripieghino in un dolore privato, che non voglia concedere nemmeno un secondo all’ufficialità. D’altra parte è sotto gli occhi di tutti l’indegno spettacolo di una classe dirigente che anche in queste ore, sembra più che di giustizia solo assetata del consueto capro espiatorio che ne consacri la purezza. Non è un bello spettacolo, nuovi ministri. In questo stracciarvi le vesti per sdegno scaricando in chi vi ha preceduto le colpe, siete a mio avviso come loro e peggio di loro.