Una nuova politica fiscale. Segnale giusto, serve un patto con chi produce

Il primo passo è stato fatto. Il taglio del 50% della plastic tax deciso dal governo è un segnale di attenzione alle richieste delle imprese. Il ministro Gualtieri ha raccolto le istanze arrivate a Roma, e ha limato la misura cercando di far convivere l’iniziale motivazione ecologica con le esigenze delle aziende. La vicenda della plastic tax è significativa però di una più ampia trasformazione del rapporto fra Stati e imprese. La necessità di dare una svolta sempre più verde alla produzione e ai consumi deve convivere con politiche economiche favorevoli alla ripresa economica.

In sintesi: tassare ulteriormente non aiuta, tuttavia l’economia dovrà essere sempre più sostenibile. Fino a quando la politica monetaria della Bce terrà basso il costo del denaro, potrà essere possibile incentivare le tecnologie più ecologiche agendo sui contributi. Prima o poi dovrà intervenire lo Stato. Prendiamo il caso delle auto: la transizione verso l’elettrico è andata di pari passo con le limitazioni al diesel. L’impresa europea però (e in primis l’italiana) ha bisogno di essere aiutata a tenere testa alla concorrenza globale e a innovarsi per essere competitiva. La politica monetaria accomodante prima o poi finirà, ha fatto capire la nuova governatrice della Bce, Lagarde. Gli Stati dovranno orientarsi verso politiche fiscali favorevoli alle imprese, senza fare leva sul debito pubblico, ma agendo sulle spese. Il passaggio è delicato, perché i governi dovranno in pratica equilibrare un fisco più amico al lavoro con un’attenzione maggiore all’ambiente. È la sfida futura. La si vince solo se nella svolta green si coinvolgono le aziende con un piano di trasformazione e rilancio. Per farlo non servono tasse calate dall’alto ma un patto tra Paese e mondo del lavoro.