La task force e il governo. Le passerelle non risolvono: serve fare presto

Quali siano le cose da fare per questo martoriato Paese, a questo punto, le sanno tutti. Governo, maggioranza, opposizione. Sindacati, associazioni d’impresa, terzo e quarto settore. Presenti e assenti nel dibattito pubblico. E se mai ve ne fosse bisogno, Vittorio Colao, con la sua task force, ha avuto almeno il merito di mettere nero su bianco quello fino a oggi era sparso in mille rivoli. L’Italia post Coronavirus, dunque, non ha necessità di Stati generali o particolari. Non servono passerelle, più o meno mascherate, né a Villa Madama né a Villa Pamphili.

Quello che occorre, invece, è "fare", "fare presto", "fare il prima possibile". Il che cosa lo spiega il top manager voluto dal premier nel suo Rapporto, ma lo sapevamo anche prima. A lui, però, va riconosciuto di averlo scritto senza infingimenti, riserve, ipocrisie. Insomma, senza usare pesi e bilancini in riferimento ai suoi danti causa. E così Colao, a capo di una squadra sicuramente progressista, spiega che i vincoli grillini al mercato del lavoro del Decreto Dignità sono un grave intralcio alla ripartenza dell’occupazione. Insiste sul concetto che va introdotto uno scudo penale per le imprese nel caso di contagi dei lavoratori per Coronavirus. Avvisa che per aprire i cantieri e realizzare le grandi opere serve mettere mano al Codice degli appalti ancora difeso dal Pd, e garantire pieni poteri a una struttura unitaria commissariale centralizzata. E, infrangendo un tabù, non esita a sollecitare una tregua fiscale in piena regola per lavoro autonomo e piccola impresa, con un corollario senza precedenti per un raggruppamento di liberal come quello della task force: la sanatoria sul contante e il rilancio di quella sui capitali esteri. Prendere o lasciare, per Conte e alleati. Ma, almeno per una volta, non si potrà sostenere che gli esperti non hanno indicato che cosa fare in concreto. E, almeno per una volta, sembra esserci addirittura corrispondenza con il senso comune del popolo.