Ricalcolo rischioso

Il premier Giuseppe Conte (Ansa)

Il premier Giuseppe Conte (Ansa)

Quando l’ideologia illuminista, con qualche tendenza alla Robespierre, si sposa con la foga politicista dei simboli e degli slogan, i rischi possono essere di sicuro superiori ai risultati. È questo il caso dell’annunciata sforbiciata alle cosiddette pensioni d’oro. Ora, che coloro che godono di trattamenti previdenziali particolarmente elevati possano e debbano contribuire in qualche misura, più che alle casse dello Stato, al welfare e alle politiche a favore delle nuove generazioni, è un principio di equità intergenerazionale più che fondato. Il discrimine è che per realizzare un obiettivo di questa portata, non c’è alcun bisogno di ricorrere al ricalcolo delle pensioni di importo più consistente. Come è stato sperimentato in passato, basta costruire e introdurre un adeguato (e sostenibile giuridicamente) contributo di solidarietà.

La strada del ricalcolo, invece, dà la stura a una serie di rischi, di timori e di conflitti con l’effetto di alimentare steccati generazionali, guerre di religione e valanghe di contenziosi. Al di là della non scontata fattibilità tecnica dell’operazione, il primo problema è che, sancito il principio del ricalcolo degli assegni sulla base del sistema contributivo "attuale", la tentazione (o la richiesta) di una sua applicazione generalizzata sarà molto forte: e così prima si ricalcoleranno le pensioni d’oro, poi quelle d’argento e, infine, magari anche quelle di bronzo. La sola paura che questo possa accadere finirebbe per avere effetti nefasti: altro che rilancio dei consumi, solo per indicare la conseguenza più prevedibile a livello macroeconomico. Come non bastasse, il ricalcolo costituirebbe l’applicazione diffusa e massiva di un criterio di retroattività che in una democrazia occidentale non può che essere un’eccezione: una soluzione che minerebbe non i cosiddetti diritti acquisiti ma lo stesso patto previdenziale che in tempi lontani lo Stato ha stipulato con milioni di lavoratori. Senza contare che, al dunque, tutta l’operazione potrebbe essere vanificata dai verdetti di centinaia di tribunali e dalla Corte costituzionale. Insomma, finchè si è in tempo e se l’obiettivo è davvero l’equità generazionale, varrebbe la pena di riflettere sugli strumenti più opportuni da utilizzare. Perché i meccanismi e i congegni previdenziali sono delicati e non sono mai neutri.