La politica senza slogan

All'incontro a Milano per lanciare la campagna in Lombardia, Renzi si è circondato di figure importanti, il sindaco Sala, il candidato alla presidenza della Regione Gori e il ministro dello Sviluppo economico Calenda. Calenda e Renzi – i cui rapporti non sono semplici – si sono scambiati cortesie e riconoscimenti. Si potrebbe congetturare sull’uso tattico da parte del Pd della popolarità del ministro. O sulla prudenza di Calenda che, intenzionato a proseguire il suo lavoro, non vede altra possibilità che farlo in un futuro governo dove il Pd mantenga un ruolo. Ma vi è qualcosa di più significativo che emerge da questa come da altre uscite pubbliche del ministro, ovvero uno stile e una visione nuovi. Calenda si esprime in modo comprensibile, ma non banale. Non ricorre a slogan. Ha idee forti da comunicare, non ricette semplici da propinare. Non indulge in trionfalismi, ma prospetta un futuro difficile, da costruire non con giulivo ottimismo, ma con idee e serietà. Evoca la complessità, come contesto ineliminabile e come approccio. E dalle sue parole emerge anche il possibile significato di una nuova sinistra, capace di comprendere le ingenuità della Terza via, di governare la globalizzazione e sfruttarne le positività, non dimenticando, però, che oltre le eccellenze esiste un universo di chi merita una vita dignitosa anche se non eccelle e di chi va aiutato se rimane indietro. Calenda, cioè, ci mostra che può esistere un modo di fare politica diverso dall’inseguimento degli umori popolari e dall’irresponsabile semplificazione di problemi e soluzioni – praticati in modo soft o hard dai principali leader italiani. Forse non è ancora la sua stagione, ancora dominano i pifferai magici. Ma almeno sappiamo che un’altra politica è possibile.