L'alibi delle macchine

L'importante è non decidere. O avere un altro che decida per te, meglio se un sistema, una macchina, così se poi qualcosa non va, puoi sempre staccare la spina. Oddio, non è detto che servano grandi tecnologie per grandi scelte: per la nuova sede dell’Agenzia europea del farmaco è bastato il sorteggio. Come al lotto. Per il Ponte sullo Stretto, se non se non ci sbrighiamo a fare testa o croce, finisce che la Sicilia si allontana ancora di più, come hanno stabilito di recente i vulcanologi. Figuriamoci per qualche modesto ospedale. Tutti lo vogliono sotto casa, ovvio. Ma non si può. Sono troppi, vecchi, inadeguati. Bisogna decidere, dunque stabilire chi scontentare, e di conseguenza dove e quanti voti perdere. Mica facile. Più facile con l’algoritmo che può dare una «indicazione baricentrica». Un baricentro per un ospedale, uno per un inceneritore o per una pista di atterraggio. Intanto non si sceglie, passano gli anni, negli altri Paesi hanno già costruito e abbattuto ospedali, inceneritori e piste, mentre noi aspettiamo nuove tecnologie. Come nel calcio, anche in politica forse ci vorrebbe il Var. Una sorta di regia nascosta, possibilmente artificiale, che nei momenti delle scelte più delicate, impopolari, ti spara la sua sentenza neutra. Inappellabile. Così il responsabile può sempre dire: prendetevela con la moviola. Intendiamoci. Ogni metodo innovativo è utile. Ma l’impressione è che tutto serva per scaricare scelte, per creare alibi, per prendere tempo. Più debole è la politica, più forte è la tecnica. Come Caterina, il robot domestico di un famoso film di Sordi, che alla fine si convinse di essere umana. Anche troppo. Come una moglie arrogante. O come certi governi.