I giallo-rossi, destinati a durare - di Bruno Vespa

È passato un mese, è cambiato il governo, ma la domanda resta la stessa: quanto durerà? Non poco, come vedremo, perché la forte incompatibilità ideologica e politica tra 5 Stelle e Pd richiederà un po’ di tempo per esplodere. Vedremo intanto nei prossimi tre giorni se il Conte bis avrà messo a segno la sua più importante mossa strategica. Se davvero Paolo Gentiloni diventerà commissario europeo agli Affari economici (la volpe a guardia del pollaio, secondo gli inflessibili paesi nordici), Salvini dovrà prendere atto che le battaglie più difficili si vincono attaccando il nemico dall’interno. Ce lo ha insegnato Ulisse conquistando Troia con i guerrieri greci nascosti dentro il cavallo. Il Capitano ha ragione sostenendo che Bruxelles va abbattuta e ricostruita su basi meno miopi e adeguate ai tempi. Ma sarebbe stato possibile avendo tutti contro – dico tutti – nel parlamento europeo? (Se invece – come sostiene il Financial Times – ci daranno l’ininfluente Concorrenza, i giallorossi non avranno guadagnato nulla rispetto ai gialloverdi, confermando l’umiliazione del Paese fondatore, terzo contribuente dell’Unione).

Ieri, aspettando a Malpensa il volo di rientro a Roma dopo la breve pausa trentina in compagnia della figlia, Salvini indossava sulla camicia bianca e i jeans la divisa da battaglia. La crisi si è rivelata un disastro, ma il suo consenso virtuale resta altissimo. Per scalfirlo, il governo giallorosso dovrà misurarsi almeno su tre temi giganteschi: immigrazione, opere pubbliche, fisco. Pochi ricordano che il disastroso voto inglese del 2016 a favore della Brexit nacque dalla paura degli immigrati. E Londra è lontana da Lampedusa. Se la correzione umanitaria annunciata dal nuovo governo dovesse riaprire i porti in modo indiscriminato e soprattutto se l’Europa non stabilisse subito un criterio certo per la distribuzione dei migranti, la nuova maggioranza potrebbe avere problemi serissimi.

Alle Infrastrutture, Paola De Micheli sta a Danilo Toninelli come il pragmatismo ragionevole sta alla cecità ideologica. Abbiamo una sessantina di miliardi bloccati per opere a diverso titolo strategico. Se i cantieri non ripartono subito, uno dei motori tradizionali della crescita sarebbe ancora fermo, penalizzando l’economia. Infine, il fisco. Non sappiamo fino a che punto Salvini sarebbe riuscito a estendere la flat tax e a renderla compatibile con il mancato aumento dell’Iva, la riduzione del nucleo fiscale chiesta dai 5 Stelle in costanza di quota 100 e reddito di cittadinanza. Ai lavoratori con i redditi più bassi arriverebbero 1500 netti annui con il cuneo giallorosso, ma sarà possibile non aumentare l’Iva e trovare altri dieci miliardi per portare al 27 per cento di tassazione, come sarebbe giusto, i redditi fino a 55mila euro annui lordi? Gli elettori sono molto pragmatici. Se su questi tre temi il nuovo governo farà interventi convincenti, la partita della Lega sarà perdente. Altrimenti…