Nomine Cdp, un Maalox per la tregua

Non credo che Pier Carlo Padoan, uomo integro e autorevole, abbia mai fatto una nomina che non fosse più che gradita a Matteo Renzi. Giulio Tremonti era un giamburrasca, con Berlusconi la faceva quasi da padrone, per la disperazione di Gianni Letta, ma dovette cedere più di qualcosa ad Alleanza Nazionale e perfino alla Lega. Tommaso Padoa Schioppa ha passato i guai suoi (e con lui Prodi) in una coalizione fin troppo allargata. Ma certo almeno Ds e Margherita doveva ascoltarli. E se vogliamo dirla tutta, alcuni tecnici scelti da Mario Monti non hanno brillato. Giovanni Tria è arrivato al ministero dell’Economia su consiglio di Paolo Savona, bocciato per quell’incarico dal capo dello Stato. È un professore autorevole, equilibrato, simpatico, che sa di godere di un assist che i suoi predecessori non avevano. È infatti un formidabile estintore di spread: finché c’è lui in via XX Settembre, dicono i Signori Mercati, quei ragazzacci di Salvini e Di Maio non potranno combinare troppi guai. Il problema è che i Ragazzacci hanno avuto un mucchio di voti per applicare un programma – si dice – incompatibile con i conti dello Stato. Tria deve perciò barcamenarsi tra i vincoli di bilancio, l’auspicata riduzione del debito e le decine di miliardi che dovrebbero costare reddito di cittadinanza e flat tax. 

Ma se mandarlo al diavolo sulla gestione del debito può far impazzire i Mercati, è più complicato per Tria far accettare a Salvini e Di Maio l’idea che lui debba gestire in solitudine nomine di cui pure è formalmente il titolare. Se è vero infatti che il Tesoro è l’azionista di Cassa Depositi e Prestiti, è anche vero che Lega e Cinque Stelle sono gli azionisti del Tesoro. Bene ha fatto perciò il professor Tria ad accettare, alla guida della CdP, Fabrizio Palermo, gradito ai due partiti di governo, al posto di Dario Scannapieco, che era il suo candidato. È vero che qui e là nelle nomine si notano vistose sacche di incompetenza, ma se Scannapieco è vice direttore della Banca europea degli Investimenti, Palermo conosce CdP come le sue tasche essendone il direttore finanziario. Salvini e Di Maio diffidavano di Scannapieco perché visto con favore dalla Fondazioni bancarie, che hanno soltanto il 16 per cento del capitale della Cassa, ma contano parecchio. Le Fondazioni sono state criticate aspramente dai 5 Stelle in campagna elettorale. Di Maio ne faceva perciò una questione di principio.

La Cassa, salvadanaio del risparmio postale, è un bel pozzo di San Patrizio. Starà adesso a Palermo difenderla da appetiti politici fuori misura. E non sarà sempre facile. Bene hanno fatto, d’altra parte, Salvini e Di Maio ad accettare Andrea Rivera, proposto da Tria alla direzione generale del Tesoro, perché è giusto che il titolare di questo incarico sia uomo di fiducia del ministro. La polemica che ha preceduto la designazione di ieri è solo la punta di un iceberg profondo. Tria – Costituzione alla mano – ritiene di rispondere soltanto al presidente del Consiglio. E Conte fatica assai a fargli capire che lui stesso deve mediare con i politici che l’hanno scelto. Ieri, insieme con Di Maio e Giorgetti, è riuscito a convincerlo, ma la battaglia è quotidiana. La prudenza di Tria, molto apprezzata dall’establishment ma anche da tanta gente di buonsenso, viene considerata provocatoria dagli attivisti del Movimento. Al punto che i 5 Stelle vorrebbero sostituirlo con Giorgetti e mettere uno dei loro alla strategica sala macchine di palazzo Chigi, occupata finora dal numero 2 della Lega. Ma è difficile che Salvini ci stia, visto che il sottosegretario alla Presidenza è il vero macchinista del governo. È comunque importante che Tria resti al suo posto. E pazienza se i suoi interlocutori hanno dovuto fare scorte importanti di Maalox.