Investire in solidarietà

Roma, 20 novembre 2017 - Fai il bravo e comportati bene. Non c’è molto altro da inventarsi per raddrizzare il mondo. Diego della Valle ricorda che sua madre lo ripeteva all’inizio di un nuovo giorno. Poi è toccato a lui ribadirlo: i grandi imprenditori devono essere considerati grandi persone se riescono a fare del bene agli altri. Il mistico armeno Georges Ivanovic Gurdjieff era sulla stessa linea e ne tirava fuori quasi un’equazione: se aiuti gli altri verrai aiutato. Quando non si sa. Forse domani, forse fra cent’anni. Ma la natura deve pagare il debito. È una legge matematica e la vita è matematica. Ci stiamo arrivando. Da soli. Lo Stato fa quel che può. Non è né bravo né veloce a lanciare salvagenti con le anchilosi che lo affliggono. Quindi bisogna muoversi dal basso, attuare quasi strisciando miracoli di lucida solidarietà. Le crisi aiutano perché aprono spazi di imprevedibilità. Ci rendiamo conto di essere non solo tutti sulla stessa barca ma di soffrire lo stesso mal di mare. Qui ci sono storie di imprenditori che ridanno speranza a colleghi sul baratro o già oltre. Qualche consiglio finanziario, soprattutto il sostegno umano. Gente che dice: c’è sempre una via d’uscita e ci crede davvero. Niente che assomigli alla carità. La carità è imbarazzante perché viene esercitata in senso verticale, la solidarietà è orizzontale e comporta il rispetto reciproco. La propensione degli italiani all’altruismo in risposta al progressivo restringimento del sistema di welfare pubblico si sta manifestando in tanti modi. Lasciti testamentari, adozioni a distanza, foraggiamento di fondazioni che portano gratuitamente assistenza sanitaria e conforto nelle case dei malati terminali. È una rete di generosità informale, una resistenza carsica che lascia segnali tangibili. L’unico investimento che non può fallire.