Giovedì 25 Aprile 2024

I colossi paghino

In principio fateci caso, nella comunicazione moderna tutto nasce libero. E gratuito. Lo è stato nella radiofonia non pubblica, prima pirata e poi privata, infine regolata in canali, concessioni. Lo è stato nella tv. Prima è nato il Biscione, poi le norme che hanno «ingabbiato» Sua Emittenza, e le emittenti in generale. Nessuna meraviglia che sia andata così anche per quel rivoluzionario, magico strumento che è la Rete. In cui circolano le merci, le immagini, le idee, la comunicazione; e pure l’informazione, cosa ben diversa perché fatta da professionisti (editori e giornalisti) soggetti a leggi oramai scolpite nella pietra. La Rete no: nasce libera, ed è giusto che tale resti, calata però in questo mondo e non più in una terra di nessuno popolata solo di diritti di chi la padroneggia, e di doveri degli altri. Anche per il web, insomma, e soprattutto per i colossi che lo monopolizzano, è venuto il momento di uscire dalla giungla e di venire in città.

Un luogo in cui si può circolare liberamente, certo, ma pagando il bollo e l’assicurazione. Dunque, bene che i vari motori di ricerca incomincino a pagare le tasse come si deve. E come noi. Bene che l’antitrust europea, la Ue che ci piace, abbia ri-multato ieri Google, imponendogli di disinnescare l’arma totale di Android puntata contro altri produttori e utile per drenare senza fatica miliardi di pubblicità, mentre sul mercato tutti si devono sudare la pagnotta cliente dopo cliente.

Benissimo, soprattutto, se si decideranno a pagare i contenuti informativi che pescano dai giornali senza sborsare un euro, mentre se rilanciano una canzone pagano la Siae. Certo, anche in questo caso, passata la fase pionieristica, servono dei paletti, dei binari. Una legge esisterebbe, se non fosse impantanata al Parlamento europeo, fermata speriamo temporaneamente dai talebani del «libero e gratuito». Una posizione antistorica, illiberale, che tutti i nostri eurodeputati dovrebbero respingere, anche quelli che si nutrono di Rete, poi si accapigliano per un titolo di giornale. Perché l’informazione e la libertà non possono continuare a stare a dieta mentre qualcuno fa indigestione di contenuti e pubblicità. E pure gratis.