C'è poco da ridere

POTEVA andare peggio, molto peggio. L’agenzia di rating Moody’s ha sì bocciato l’Italia, declassando il nostro debito sovrano da Baa2 a Baa3 e portando i titoli di Stato a un solo gradino dalla condizione in cui vengono definiti ‘spazzatura’, ma ha prudentemente scelto di mantenere «stabile» l’outlook, cioè le previsioni a breve. Con ciò evitando che il prossimo passo sia necessariamente quello del downgrading, visto che prima dovrà passare da stabile a negativo l’outlook. Insomma, Moody’s ci ha concesso un po’ di tempo – diciamo tra tre e sei mesi – e ha in qualche modo condizionato il verdetto di Standard & Poor’s, atteso per venerdì. Per ora, dunque, non succede nulla, e sappiamo con cognizione di causa che questo è il giudizio, espresso in privato, di alcuni dei grandi banchieri nazionali.

Naturalmente la controprova è attesa per domani, quando alla loro riapertura i mercati ci diranno se questo voto di Moody’s era già incorporato nel livello di spread raggiunto venerdì – 340 punti, ai massimi dall’aprile 2013, per poi scendere quando è parsa escludersi una crisi di governo per colpa della fantomatica ‘manina fiscale’ – o seppure l’odor di ‘spazzatura’ li induce ad allargare ancora il differenziale tra i Btp e i Bund tedeschi. Tuttavia, comunque vadano i mercati domani e nei prossimi giorni, tutto ci è concesso meno che sorridere del declassamento subito (come ha gaiamente fatto Di Maio) e approfittare del mezzo scampato pericolo per tirare a campare. Il nostro (mostruoso) debito è in mano a investitori professionali, nazionali ed esteri, che pretendono bond sicuri o moderatamente speculativi, non ‘junk’. E se di colpo vendessero quelli che hanno i portafoglio e smettessero di sottoscriverne di nuovi (ogni anno dobbiamo venderne per 400 miliardi), per noi sarebbe la fine. Non solo.

Le nostre banche rischiano di chiudere i rubinetti del credito che avevano riaperto, e lo spettro della recessione si riaffaccerebbe. E questa volta la crisi sarebbe solo italiana. E di natura politica, perché ciò che ci ha procurato il declassamento del rating e che genera la sfiducia dei mercati e dei partner europei, è il venir meno della nostra già residuale credibilità istituzionale. Dunque, tiriamo pure un sospiro di sollievo, ma c’è poco da ridere.

twitter @ecisnetto