Martedì 16 Aprile 2024

Il peccato originale

Sembrava fatta o quasi. E invece, ancora una volta, nell’ennesimo, non previsto, livello del video-game della crisi politica post-elettorale più lunga della Repubblica, rischiamo di ritrovarci non solo e non tanto punto e daccapo. Ma sempre più pencolanti sul limine di un baratro senza fondo, con i mercati in crescente, pericolosa fibrillazione e le istituzioni dello Stato prossime a un conflitto pubblico senza precedenti. Se non allentato e risolto in tempi rapidi, il braccio di ferro tra la Presidenza della Repubblica e i leader della possibile e nascente maggioranza sulla scelta del ministro dell’Economia rischia di produrre un avvitamento e, forse, un avvelenamento dei rapporti con conseguenze drammatiche non solo per la formazione del governo ma anche per il clima incendiato che ne deriverebbe in una probabile e ravvicinata campagna elettorale. Il precipitare della crisi, in queste ore di inizio estate dopo le bufere meteorologiche (e non solo) di una primavera mai arrivata, non è, però, frutto del destino cinico e baro che si accanisce contro il nostro Paese. Ci sono stati errori, tentativi mal riusciti, magari qualche forzatura di troppo e qualche occasione persa. Ma, soprattutto, c’è un vizio di origine, una sorta di peccato originale che in questo passaggio, delicato e controverso, emerge in tutta evidenza. La scelta di un «premier tecnico o esterno» per un governo eminentemente «politico» ha generato un’anomalia destinata a pesare. Ebbene, nella prima prova da sforzo, il professor Giuseppe Conte si è ritrovato a svolgere un ruolo improprio per un premier (anche se tipico di un avvocato), quello di mediatore tra i suoi azionisti di riferimento e il Quirinale. Quando, invece, in condizioni normali sarebbe toccato al presidente del Consiglio intestarsi la guida dell’indirizzo politico dell’esecutivo, a partire dalla scelta del ministro di Via XX Settembre.