Mercoledì 24 Aprile 2024

Bruxelles apra gli occhi

Roma, 17 luglio 2017 - Cinquanta da una parte, venti dall’altra: alla fine siamo in sette a dividerci i 450 migranti di Pozzallo. Bene. Non siamo più soli, almeno come principio, a reggere l’impatto degli sbarchi. E se la Slovacchia è contraria, ce ne faremo una ragione. Peccato che sulle coste libiche se ne contino altri 400mila in attesa di imbarco, e che sia impensabile lavorare di muscoli e di diplomazia nave per nave, barcone per barcone. Quindi, non ha tutti i torti Salvini quando sostiene che l’obiettivo finale dev’essere un altro: prevenire invece di reprimere, non far partire, filtrare, per non dover bloccare. Il problema è che per una azione di questo tipo servirebbero due entità politiche vere e non due scenografie da Cinecittà: la Libia e l’Europa. La prima, quella ‘riconosciuta’, è una specie di enclave assediata dai nemici interni e dai trafficanti di uomini. La seconda è una babele di interessi e di egoismi disposta a piegarsi, se presa a cazzotti, a qualche soluzione ad hoc (Pozzallo), ma incapace di trasformarsi in una squadra coesa.

Una Europa a due velocità, ma non quella ipotizzata da tempo sul fronte economico e monetario. Magari. No, quella che resta ferma, o si muove spesso in senso contrario almeno agli interessi italiani. E’ quanto sta succedendo riguardo all’uso dei porti libici: ‘sicuri’ per far partire gli scafisti, ma insicuri per riportare a terra le imbarcazioni bloccate dalla guardia costiera di Tripoli, a bordo delle nostre motovedette e addestrata dai nostri ufficiali. Intendiamoci, quello che succede laggiù è terribile: non c’è solo il ‘paradiso’ del campo Onu visitato da Salvini; c’è l’inferno delle prigioni clandestine degli scafisti, degli stupri, delle torture. Ma questo non dipende dal fatto che si sbarchi in un paese o in un altro. Sarà sempre così fino a quando il nord Africa resterà terminale abbandonato dalla comunità internazionale di un continente in movimento. Per questo servono più Onu, più filtri e più Ue. Bruxelles da qualche giorno ha riaperto l’ambasciata a Tripoli: aspettiamo che apra gli occhi, il cuore e il cervello. Avendo come priorità il contrasto alla schiavitù e all’invasione incontrollata. Non solo a Salvini.