Ha salvato l'Euro. Un banchiere speciale

"Whatever it takes": con queste tre parole, pronunciate a Londra il 26 luglio 2012, Mario Draghi ha salvato l’euro e anche l’Europa. La speculazione, a causa delle difficoltà di Grecia e Italia, era pronta ad azzannare l’euro. Poi, ha spiegato meglio: "Nei limiti del nostro mandato, la Bce è pronta a fare qualsiasi cosa per salvare l’euro. E credetemi, sarà abbastanza". I mercati, e gli speculatori, capirono subito che Draghi era un banchiere speciale e che non si sarebbe arreso tanto facilmente ai loro giochi. Anche per lui da quel momento valeva il detto in voga in America: mai andare contro la Federal Reserve. E infatti sono passati sette anni e l’euro è ancora al suo posto. La speculazione è stata sconfitta con una ricetta molto semplice: una politica monetaria espansiva.

Allora, al debutto di Draghi come banchiere centrale europeo, a preoccupare erano le turbolenze finanziarie. Oggi la musica è cambiata. Oggi è la congiuntura a creare problemi, visto che anche la diligente e disciplinata Germania si trova alle soglie della recessione. Qualche giorno fa Draghi ha detto che gli Stati che se lo possono permettere devono utilizzare il loro bilancio per contrastare la recessione: cioè spendere di più. Ma non tutti possono farlo. E quindi ecco che Draghi, a pochi mesi dalla sua uscita definitiva dalla Bce riscopre il "whatever it takes", lancia cioè una politica espansiva della banca centrale, più soldi e a un prezzo inferiore, sperando che questo basti ad allontanare il fantasma della recessione. Non si sa se basterà, le recessioni sono sempre bestie complicate e testarde. Ma Draghi, fino alla fine, ci prova. L’aspetto più divertente è che il presidente americano, Trump, sta utilizzando la mossa di Draghi per premere sulla sua banca centrale, con il cui governatore (da lui stesso nominato non molto tempo fa) è in lite da tempo. Insomma, l’Europa, cioè Draghi, come esempio. Un’avvertenza. La Bce fa bene a fare quello che sta facendo, ma in questo modo si guadagna solo un po’ di tempo. Se l’Europa vuole combattere seriamente la recessione, deve svecchiarsi e diventare più agile, meno burocratica.