Martedì 23 Aprile 2024

Marco Carta, l'insostenibile pesantezza della Giustizia

Roma, 1 novembre 2019 - È troppo pericoloso per passarla liscia. Oggi sono sei magliette alla Rinascente, domani possono diventare dodici mutande da Intimissimi. Un’escalation criminale che va fermata. Giusto. Marco Carta assolto con formula piena? La Procura, a quanto pare, non ci sta.  Se Carta piange, e canta la giustizia gliele suona, e annuncia appello: aveva chiesto la bellezza di otto mesi, e otto mesi devono essere. Documenti, avvocati, ore di lavoro di magistrati, cancellieri, impiegati. Notifiche, marche da bollo. Con la possibilità che nascano ulteriori filoni di inchiesta, tipo Ruby: un ‘Carta-bis’ , ‘o un “magliette-ter’.

Fuor d’ironia, diciamo che per ora ci basta il ‘Carta-uno’ per qualche riflessione su una vicenda che non ha scosso le coscienze, e portata alle cronache solo per la notorietà dell’accusato. Primo. Quanti sono i casi Carta che ingombrano le nostre procure e le aule giudiziarie? Probabilmente parecchi, comunque troppi.

Secondo. Ogni toga ha la libertà nel nostro ordinamento di appellare una decisione contraria alle richieste. Per carità. Ma ci può o ci deve essere un responsabile che stabilisce delle priorità, o una regola uguale per tutti che escluda perdite di tempo e di danaro pubblico (nostro) per cause di questa entità. E se non c’è, mettiamola. Perché è vero che la macchina giudiziaria è carente di personale e di tecnologie.

Ma se manca anche di senso della misura, si capisce da un lato perché i tempi delle inchieste e dei processi diventano biblici, e dall’altro perché le proteste della categoria non scaldano i nostri cuori. Domandina facile facile: alla procura di Milano, oltre a Berlusconi, non hanno niente di più serio e importante da fare? Certamente sì. Fascicoli, faldoni. Carte. E allora lascino perdere sei magliette. E un Marco Carta.