Martedì 23 Aprile 2024

Il terrore della fine

Non siamo ancora alla sindrome della ridotta della Valtellina, ma la paura, più puntualmente il terrore del tracollo, verticale, rapido e senza scampo, corre di cellulare in cellulare, di capannello in capannello, di chat in chat. È fatto di sguardi terrei, di parole gravi dette a mezza bocca, di messaggi pieni di icone funeree. E di numeri: le percentuali degli ultimi sondaggi, tutte sotto il 20 per cento. "Sarà meglio pensare al dopo, che non sarà facile per nessuno di noi", confessa, più rassegnato che sconsolato, un deputato grillino. E il "dopo" è quello che si potrebbe chiamare anche il "ritorno alla vita civile", che avrà i tratti del vecchio lavoro, se ci sarà, o della vecchia o nuova precarietà. Perché, come spiega un big di rango della nomenklatura a 5 Stelle, siamo all’"effetto slavina" e "nessuno di noi crede più che possiamo riprendere i voti andati via e quelli che andranno via nelle prossime settimane".

E così l’arresto di Marcello De Vito è certamente il sigillo dell’innocenza perduta, ma segna, politicamente e, potremmo aggiungere psicologicamente, uno spartiacque significativo e, forse, decisivo nella storia del Movimento. "Non basterà la sua espulsione a salvarci – insiste l’interlocutore – troppe promesse fatte e tradite, troppi errori, cedimenti, figuracce. Ci siamo coperti anche di ridicolo". Dunque, la paura, il terrore, i destini privati che diventano tutt’uno con quelli pubblici (il personale è politico, si diceva una volta), le accuse reciproche, e le reciproche diffidenze, i sospetti, il si salvi chi può. Ma l’inizio della fine non comincia oggi, come onestamente rilevano le voci di dentro: e non serviranno a niente il reddito di cittadinanza o il salario minimo. Le Europee certificheranno la sconfitta finale. E già domenica in Basilicata arriverà la terza batosta consecutiva, dopo l’Abruzzo e la Sardegna.