Giovedì 18 Aprile 2024

Direzione vietata

Il governo è di fronte a un bivio, ma pare voler imboccare la direzione vietata. Dopo che Bruxelles – forte dell’appoggio di tutti i paesi europei, a cominciare da quelli, come l’Austria, guidati da nazionalisti duri e puri – si è mostrata intransigente sulla legge di bilancio, Roma aveva, e ha, davanti a sé una doppia opzione: lo scontro o la ricerca del compromesso. Ha deciso per una terza via: la presa per i fondelli. Nel botta e risposta epistolare con la Commissione Ue, si è ribadito che i numeri – quello sulla crescita del Pil e i saldi di bilancio – restano invariati, ma si è fatto finta di andare incontro alle esigenze comunitarie evocando due parole d’ordine sempreverdi: le privatizzazioni e la spending review. Nel primo caso si sono inseriti 18 miliardi (pari all’1% del pil) di non meglio identificate «dismissioni di patrimonio pubblico», cosa che, secondo il governo, determinerebbe una discesa del rapporto debito-Pil più accentuata rispetto a quanto preventivato, tanto da arrivare al 126% nel 2021. Nel secondo si assicura un puntuale «monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica» in modo da evitare scostamenti dell’indebitamento netto. Impegni troppo generici, e logorati da precedenti analoghe promesse disattese, per essere credibili. Se l’intenzione è rompere con Bruxelles, nella convinzione che a maggio 2019 con le elezioni europee gli attuali commissari salteranno e la musica cambierà, sarebbe stato più dignitoso tenere fino in fondo la linea dura, respingendo al mittente la lettera della Commissione. Oppure, scegliere la via più logica: modificare la manovra, ma non per accontentare Juncker e Moscovici, semplicemente riducendo il rapporto deficit-Pil da quel 2,4% considerato scandaloso dall’ortodossia comunitaria. No, la cosa più sana per il paese era (sarebbe) quella di cambiare verso alla manovra. Prendendo atto che l’economia si è fermata e che l’Italia corre il rischio di passare dalla stagnazione alla recessione, e ammettendo che le misure fin qui decise non sono quelle giuste per assicurare la crescita, tantomeno per evitare la (ri)caduta in recessione.

twitter: @ecisnetto